Quattro incontri dedicati a sant'Ambrogio.

Tutti sanno che sant'Ambrogio è ricordato il 7 dicembre: a Milano, poi, l'apertura della Scala e la fiera degli "Oh bej oh bej" vengono a rinfrescare la memoria di chi per avventura se ne fosse dimenticato; meno noto, forse, è che quella data costituisce un'eccezione nella pratica della chiesa. Di solito, infatti, la festa di un santo cade nel giorno della sua morte, perché quella è la data vera della nascita, se morire alla terra significa nascere al cielo; ma Ambrogio è morto il 4 aprile del 397 e dunque nel suo caso non si segue la tradizione più comune. Tutto ciò si spiega: nei primi secoli del cristianesimo c'era la consuetudine di non celebrare i santi in tempo di Quaresima, ed è chiaro che il 4 aprile (che nel 397 era sabato santo) in Quaresima ci cade spesso; per questo, volendo celebrare nel modo più degno un santo considerato per molti aspetti esemplare, si dovette pensare a un'altra data. La scelta cadde sul 7 dicembre, che è il giorno in cui nel 374 Ambrogio, che all'epoca non era neppure battezzato, ma semplice catecumeno, era stato eletto vescovo di Milano. Non si tratta, probabilmente, di un caso unico; certo però il fatto è molto raro. Significa che, scegliendo il 7 dicembre, la chiesa intendeva proporre alla venerazione dei fedeli e di tutte le comunità cristiane non tanto l'esperienza individuale e privata di Ambrogio, quanto la sua attività di vescovo e di pastore, che si è sviluppata in tempi straordinariamente difficili e con impostazioni e provvedimenti che hanno lasciato il segno e che sono ancora oggi riconoscibili, soprattutto nella diocesi di Milano. Con tutto questo, e nonostante la sua popolarità - la sua statua si trova sulla facciata di molte chiese, anche della nostra di San Michele, in compagnia di quelle degli altri tre dottori principali della chiesa latina, Gerolamo, Agostino e Gregorio - sant'Ambrogio è poco conosciuto e poco letto, anche se da qualche anno è stata ormai completata la pubblicazione monumentale, con testo latino e traduzione italiana, di tutte le sue opere.
Si tratta certamente di una lacuna a cui è opportuno cercare di porre qualche rimedio. Per questo sono stati organizzati in parrocchia - ma l'invito è naturalmente esteso a tutti coloro che desiderano conoscere un po' meglio la figura di sant'Ambrogio - quattro incontri, a cui parteciperanno due fra gli studiosi più eminenti, mons. Francesco Braschi della Biblioteca Ambrosiana e il prof. Giacomo Baroffio dell'Università di Pavia-Cremona. Sarà l'occasione per familiarizzarsi con Milano capitale imperiale del secolo IV e con un vescovo, Ambrogio, che era stato educato nel solco della cultura pagana e che, convertitosi ma non ancora ufficialmente cristiano, si trovò all'improvviso a essere pastore senza una preparazione specifica, per cui, come egli stesso scrive, dovette insegnare quello che non aveva studiato; ma sarà anche l'occasione per assaporare gli Inni, in cui la poesia si trasforma in preghiera e la preghiera prende la forma della poesia, con una sintesi che si proponeva non di creare un'opera d'arte, pur se il risultato è anche questo, ma di aiutare il fedele ad accostarsi al mistero.                                                                                                                       E. F.

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