Il lavoro abruzzese nel mondo: “La mia Storia” di Pasquale Moscardi.
Emanuela Medoro,nov.2005
Guido Tazzi Editore ha pubblicato “ La mia Storia “di Pasquale Moscardi ,ottobre 2005
I bombardamenti di Torino prima, e quelli di L’Aquila dopo hanno segnato il destino di Pasquale Moscardi ,originario di Camarda. Da bambino fu inizialmente mandato a studiare in un collegio di Torino e poi presso una famiglia di Aquila,in ambedue i casi gli eventi di guerra lo costrinsero ad interrompere gli studi. Nello stesso periodo la famiglia fu colpita dalla perdita del figlio Filippo sul fronte di Albania.
Pasquale raggiunse quindi in Venezuela il fratello maggiore,già impegnato nel settore dei trasporti di persone.
E’ l’inizio di un’avventura umana ,ricca di aspetti positivi, che oggi noi possiamo conoscere perché il protagonista ha sentito il bisogno di raccontarla, di fissarla sulla carta. Lo ha fatto con passione e genuino gusto per la narrazione del vissuto ,per un bisogno di ricerca della propria identità in parte perduta nello sforzo di adattamento ad un ambiente diverso e con il fine di nutrire la memoria delle giovani generazioni ,nate e cresciute in epoche diverse,con la cultura delle loro origini, di radici sempre più lontane ed evanescenti.
La prima impressione che si riceve leggendo le memorie di P.Moscardi è che l’integrazione in Venezuela non è stata così dura come per gli emigrati in Nord America.
Egli infatti dice:” Con i Venezuelani non ci trovavamo male, anzi, se debbo esprimere il mio giudizio personale, io mi sono trovato abbastanza bene …Nei rapporti sociali sono anche brava gente. (p 23)
L’economia del paese,negli anni cinquanta “ in Venezuela era un momento formidabile: da poco nella capitale erano state costruite le due torri che erano il simbolo dello sviluppo del paese,e l’autostrada La Guaira-Caracas;e c’erano lavori da tutte le parti:edifici nuovi nascevano ogni giorno….i nomi degli italiani cominciavano ad affiorare dappertutto….Cominciavano anche a permettere il porto d’armi agli stranieri che avevano compiti di responsabilità e negozi propri.”p.26
La politica del governo spingeva gli immigrati a divenire cittadini in senso pieno e completo, pertanto “Il governo venezuelano specialmente in quei tempi ci teneva molto a che noi emigrati acquistassimo la cittadinanza.”p.20 .Cosa sgradita alle autorità consolari italiane allora, e successivamente causa del dibattito intorno alla possibilità della doppia cittadinanza.
Dunque,rispetto all’adattamento al nuovo mondo nordamericano,l’acquisizione della lingua è meno traumatica ,non ci sono severe regole formali di origine puritana anglo-sassone a regolare la convivenza civile, non c’è la pignoleria protestante verso i provenienti da paesi a maggioranza cattolica, le abitudini alimentari non sono poi tanto diverse, la parola spaghetti non ha connotati dispregiativi , la manovalanza india è in genere affidabile e facile da gestire nel rispetto delle regole locali. Il clima è caldo,assolato,la vicinanza del mare offre la possibilità di gite piacevoli e rilassanti per tutti.
A questo proposito cito :”Quando arrivammo all’aeroporto (a New York,dopo una visita alla città) e ci avvicinammo alla linea venezuelana sentimmo un mormorio di voci alte e ci chiedemmo che cosa fosse tutto quel chiasso. Eravamo semplicemente in Venezuela: l’ordine nei locali pubblici,l’educazione e la discrezione erano assenti. Ce ne rendemmo conto in quel momento…(p.118)
Ci sono in questa storia anche alcuni aspetti comuni con l’emigrazione in Nord America.
C’è infatti l’idea del lavoro , della famiglia e dell’istruzione dei figli, fino ai livelli più alti possibili, come realizzazione di sé, non compare l’idea della fatica e del sacrificio, ma il desiderio di lavorare,le annuali vacanze in Italia sono una ricompensa per il dovere compiuto ed il buon successo negli affari.
“ Avevamo tanti impegni anche con il servizio di trasporto urbano:avevamo acquistato diversi autobus e le rate da pagare erano piuttosto alte. Dora cominciò anche lei a lavorare nella ditta con compiti delicati e di grande responsabilità:si occupava della raccolta degli incassi degli autisti e della retribuzione degli stessi. Ci organizzammo in modo che noi due da soli portavamo avanti l’amministrazione di trenta autobus su strada , una settantina di operai, otto tra meccanici e controllori”….p.65
I vincoli familiari , estesi anche a suoceri,fratelli, cognati e nipoti, sono molto stretti .Essi infatti difendono dall’ambiente esterno, estraneo e quindi percepito come vagamente ostile.
Lo spazio su cui lavorare e mettere radici è infinito,intatto, invitante. Caratteristica la battuta della moglie Dora,quando,durante una vacanza in Italia,la famiglia Moscardi si chiede se non sia il caso di rimpatriare.
”…Qui è tutto diverso, non avresti mai un capannone dove gli autobus possono rigirarsi senza fare manovra”. Battuta definitiva,conclusiva.
La famiglia torna in Venezuela, e di rimpatrio non si parla più.
La storia seguita con la descrizione della crescita della famiglia e del lavoro e con l’impegno nel sociale,es.: la donazione del terreno per la costruzione di una casa di riposo per anziani a Maracay,l’impegno nell’ANFE,l’ associazione italiana che è stata a lungo un punto di ritrovo e di contatto fra gli italiani all’estero.
La piccola storia dei singoli è sempre inserita nella cornice della storia più grande, presente come una successione di cambi di governo,svalutazioni della moneta nei confronti del dollaro,inflazioni, più o meno intense ondate migratorie di varia provenienza. Cito ad esempio l’episodio seguente, per l’ influenza sul complesso della emigrazione italiana: “Poi la situazione politica s’intorbidì:cadde la dittatura Perez-Jimenista e molti italiani non resistettero al cambiamento;di 500.000, circa la metà tornarono in patria. Noi della nostra famiglia restammo tranquillamente:non temevamo reazioni né dai nuovi né dai vecchi padroni …”p.27
A conclusione di queste brevi note sul testo “La mia storia “ ,mi sembra significativo ricordare l’episodio della croce .Pasquale Moscardi fece infatti costruire una croce di buon legno sudamericano e la portò in Italia. L’occasione per sistemarla si presentò con il restauro della chiesetta della Madonna delle Neve sul Gran Sasso. P.Moscardi fu presente alla prima messa celebrata da Papa Giovanni Paolo II. “Con la messa, la benedizione e le altre cerimonie si concluse quella giornata importante che mi riempì di soddisfazione e mi dette la tranquillità che avevo cercato per tanti anni:avevo potuto sistemare la croce che onorerà mio fratello e quanti, come lui, sono stati ritrovati cadaveri, ma senza nome.”(p. 199)
Così ancora una volta la storia di quest ’uomo si intreccia con la Storia.