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COME AVVIARE I BAMBINI ALL’ATTIVITÀ SPORTIVA
“Le cose da sapere quando si affida
il proprio figlio ad un preparatore
sportivo” -
A
cura di
Alessandro Ruffilli

Chi opera nell’ambito sportivo sa che una delle preoccupazioni
più sentite dai genitori è quella di
trovare lo sport più adatto per i propri figli. Normalmente si
cerca uno sport “completo” e la domanda che più spesso
viene fatta è quale sia lo sport “più
completo” in assoluto.
Come è ovvio, la risposta che si dà
in questi casi è che non esiste uno sport veramente completo in
assoluto, in quanto ogni attività fisica, quando viene
indirizzata verso una specializzazione, promuove nel praticante
certe caratteristiche a discapito di altre.
La
cultura popolare vede nel nuoto la disciplina che maggiormente
soddisfa l’esigenza di sport “omnicomprensivo”,
ma, ad un esame più attento, risulta evidente che neppure
il nuoto può fregiarsi di questo titolo, perché, ad esempio, non
interviene su importanti qualità quali l’abilità di coordinare
il corpo rispetto allo spazio circostante, la
propiocettivtà, la capacità di
saltare, correre o lanciare oggetti e la capacità di
socializzare e di lavorare insieme agli altri per un obiettivo
comune.
Ma
allora, quale sport scegliere ed a quale età cominciare
l’avviamento sportivo?
Per
prima cosa occorre capire se la richiesta di svolgere
un’attività fisica organizzata proviene dal bambino o dal
genitore. Spesso il bambino mostra semplicemente una decisa e
naturale volontà di muoversi, mentre è del genitore il desiderio
di iscriverlo ad un corso piuttosto che ad un altro, magari per
motivi di comodità organizzativa nella gestione familiare.
La prima indicazione da dare è che il bambino si deve
divertire a fare quello che fa.
Iscriverlo ad un corso, magari prestigioso,
dove però il piccolo allievo non si trova a suo agio, è
sicuramente deleterio.
Visto che normalmente le scuole di
avviamento sportivo accettano i piccoli principianti dai cinque
anni in su, soffermeremo la nostra analisi alla fascia di età
compresa tra i cinque ed i sette anni. In questo periodo di
crescita, il bambino ha forti motivazioni allo sport.
Quando si appassiona ad un’attività
motoria, ovviamente sotto forma di gioco e di divertimento,
manifesta un grosso impegno ed evidenzia la presenza di una
motivazione concreta e dominante.
Probabilmente i due fattori primari che agiscono da molla sono
il gioco e l’agonismo, oltre ad altri fattori
secondari.
In particolare non va sottovalutato l’agonismo, che traduce in
realtà, a livello simbolico, bisogni della persona del tutto
naturali, in questa età, collegati
all’aggressività, all’autoaffermazione, all’interazione con la
realtà. L’agonismo, dunque, essendo un fattore compensativo,
equilibratore e liberatorio, se viene
vissuto in un contesto organizzato, gestito da un istruttore
preparato, e adeguatamente controllato, funziona da
decongestionante psichico, favorendo la crescita psichica ed
emotiva dell’allievo.La pratica
sportiva con manifestazioni agonistiche, quindi, magari non
risolve, ma contribuisce a lavorare sui bisogni e le ansie
individuali del bimbo, favorendo anche il suo inserimento
“sociale”.
I fattori cosiddetti secondari cui si accennava, sono
probabilmente più importanti nel ragazzo e nell’adulto che non
nel bambino, infatti possono essere
ricondotti in variabili legate a fattori comunicativi,
proiettivi, catartico-liberatori,
estetici, affiliativi, conformistici, economico-sociali, se non
addirittura ad ansie nevrotiche reattive, forme compensative,
legati all’identità sessuale. Possono però apparire anche in
queste età, quando, ad esempio, il bambino “sente” che il
genitore desidera con forza che egli pratichi una certa attività
e non vuole deluderlo, anche se non l’appassiona.
Iscrivere un bambino ad un corso di
avviamento allo sport, quindi, significa agire anche sul suo
sviluppo psichico, oltre che su quello fisico. La pratica
sportiva prolungata, infatti, ha degli effetti sulla
personalità, essendo dimostrato, ad esempio, che può agire su
eventuali atteggiamenti ossessivi, di coartazione emotiva o su
atteggiamenti istrionici.
La cosa importante è che sempre l’attività
venga prospettata, sia da parte dei
genitori che degli insegnanti come un qualcosa di divertente,
che “è bello fare”, onde evitare sintomi di psicopatologie
dell’atleta, a dimostrazione che lo sport, in certi suoi
eccessi, non fa sempre bene, quali, ad esempio, la sindrome da
paura dell’insuccesso. Si tratta di una sorta
di ansia
preagonistica, con una complessa sintomatologia psichica
e somatica.
Mentre
l’atleta adulto lavora e si allena in funzione del risultato,
ciò non deve assolutamente avvenire per il bambino e per il
giovanissimo. Tra l’altro questo è sbagliato non
solo evidentemente su un piano etico e sociale, ma anche
funzionale e della specializzazione: un grande specialista di
domani, infatti, deve oggi essere un bambino che si diverte a
fare sport e che cresce equilibrato e ricco
di esperienze motorie. Non ha ragione
di essere, dunque, il timore di alcuni genitori che il
proprio figlio non possa diventare un campione se non comincia a
specializzarsi in tenera età. È più vicino al vero semmai il
contrario. È però importante che fin da piccolo acquisisca varie
esperienze di movimento.
Anche lo stress agonistico deve
essere assolutamente evitato: un atleta maturo deve avere una
carica psicologica tale da farlo lottare fino alla fine, in
gara, contro il suo avversario, anche se si tratta del suo
migliore amico. In un bambino, però questo significherebbe
caricarlo della pressione di un intero ambiente affettivo:
genitori, allenatore, compagni a cui egli tiene. L’ansia
potrebbe essere maggiore del piacere della pratica sportiva.
Ecco perché la
specializzazione va ritardata il più possibile.
Ad ulteriore conferma, riportiamo di
seguito la famosa “Tabella Filin”
che indica quelle che erano le età di ammissione dei
giovanissimi nelle scuole sportive dell’Unione Sovietica.
Età |
Sport |
7-8 |
Nuoto, pattinaggio artistico,
ginnastica artistica,
tennis |
8-9 |
Acrobatica, ginnastica
sportiva, tuffi, sci
di fondo |
10-11 |
Pattinaggio, canottaggio,
pallacanestro, hockey, calcio,
pallavolo |
11-12 |
Atletica leggera (escluso
lanci), tiro,
equitazione |
12-13 |
Pugilato,
ciclismo,
atletica
pesante |
13-14 |
Lanci
dell’atletica
leggera |
|
Le età indicate sono quelle in cui i giovani allievi
venivano avviati ad una
specializzazione sportiva.
Anche da questi dati possiamo ricavare argomenti per
tranquillizzare i genitori in merito al fatto che per bimbi
di età tra i cinque ed i sette anni
non è assolutamente opportuno individuare già un indirizzo
specialistico.
Bisogni dei bambini e fattori di scelta
Chiarito questo, mettiamoci ora nei panni del genitore
coscienzioso che, resosi conto dell’importanza fisica e
psicologica di una sana attività corporea per il figlio, si
trovi in mano tre o quattro volantini
di polisportive e di centri di avviamento allo sport e debba
scegliere a quale corso iscriverlo. Per dargli un consiglio
occorre capire di che cosa ha bisogno un bambino
di età compresa tra i cinque ed i
sette anni.
L'ambiente di provenienza
Occorre innanzi tutto tenere in debito conto dell’ambiente di
provenienza del bambino. In ambiente
rurale possono non esserci problemi che sussistono in un
ambiente urbano dove i bimbi, a volte, sono letteralmente
deprivati sul piano senso-motorio: innumerevoli ore spese
davanti alla televisione o al computer o a i
videogiochi, gli spazi ristretti e monotoni, l’innaturale
interdizione motoria, producono forti mancanze nel campo delle
abilità motorie, che devono essere recuperate dall’insegnante
sportivo. Ciò, però, non può avvenire per mezzo di ginnastiche
ritualizzate o sport ripetitivi a
scarso contenuto cognitivo, come, ad esempio il nuoto, se
praticato in modo tradizionale, ma attraverso programmi
differenziati, continuamente
arricchiti in senso ludico ed estremamente variati. Al
contrario, un bambino che già a cinque anni si arrampica sugli
alberi e gioca all’aperto con i coetanei non ha un tale
gap da recuperare.
I fattori di scelta secondo
il CONI
Il CONI, in Italia, nel redigere i
programmi per i centri di avviamento allo sport per i bambini di
ambo i sessi tra i 5 ei 7 anni, prevede che in questa fascia
l’attività sportiva sia orientata a fini “fisico-formativi”,
soffermando l’attenzione su quattro punti fondamentali, che
descrivono le caratteristiche ed i bisogni dei bambini nelle
varie fasce d’età:
-
Il fattore
auxologico
-
Il fattore
psicologico-sociale
-
La strutturazione delle attività basilari di
moto
-
Le modalità
di
apprendimento.
Vediamo le caratteristiche di ciascuno di questi:
-
Il fattore
auxologico
Tra i 5 e i 6 anni nel bambino c’è il primo allungamento, che
consiste in una spinta in lunghezza
che interessa soprattutto l’apparato osseo, più che quello
muscolare e che si incentra soprattutto nelle gambe. Accade
quindi che lo scheletro aumenti di peso, le leve ossee si
allunghino senza che vi sia, però, un
adeguamento della forza muscolare. La colonna vertebrale può
tendere ad incurvarsi, dando origine ad attitudini quali la
cifosi e la scoliosi, soprattutto quando lo sviluppo non è
perfettamente simmetrico sul lato sinistro e su quello destro
del corpo. Dai 7 anni incrementa la capacità respiratoria,
quindi la colonna vertebrale e la gabbia toracica soffrono
particolarmente se manca un’adeguata attività fisica. Dagli 8
anni, invece, c’è un certo aumento della massa e della forza
muscolare che, se oculatamente guidata, porta a supplire alle
carenze dei periodi precedenti.
-
Il fattore
psicologico-sociale
Non è possibile riassumere in modo preciso le caratteristiche
psicologiche degli allievi di questa fascia
di età, perché vi sono sensibili differenze fra ciascuna
delle tre età e tuttora la ricerca scientifica non dà risposte
che possano intendersi come definitive. A cinque anni il bambino
risente ancora del processo di
identificazione con il genitore dello stesso sesso, pur essendo
consapevole della propria diversità e del proprio corpo. Vi è
comunque una dipendenza morale ed
affettiva dagli adulti. Il gioco tra bambini di
questa età, che è il modo principale
in cui si manifesta il comportamento sociale, è caratterizzato
da continui litigi ed aggressioni fisiche, magari violente, ma
di breve durata. Il processo in corso, però,
porta ad atteggiamenti di tipo sempre più associativo,
all’interno dei quali i bambini giocano ed agiscono per
realizzare un identico scopo. Dai 6 anni, invece,
cominciano ad esserci notevoli progressi nell’acquisizione della
consapevolezza del proprio corpo e della
propria psiche. Inizia anche a comprendere come gli altri
lo vedono e lo giudicano, quindi
richiede agli altri di essere rispettato e di essere tenuto in
giusta considerazione. Reagisce ai rimproveri e alle
gratificazioni. Il settenne manifesta un notevole interesse per
il proprio corpo e si diverte ad esplorarne le caratteristiche e
le capacità. La sua capacità di
socializzazione aumenta e, lentamente, tendono a
diminuire le tendenze egocentriche. Verso gli otto anni, infine,
aumenta e si rende del tutto evidente il bisogno, da parte del
bambino, di
autorealizzarsi, anche in funzione dei modelli che
l’adulto gli dà.
-
La
strutturazione delle attività basilari di
moto
Il bambino
attraversa, lentamente e durante tutto l’arco dell’età scolare,
un processo di evoluzione
neurofisiologica, definito
“dominanza”, che fa sì che, di solito, il lato sinistro del suo
corpo abbia funzioni di sostegno, appoggio e difesa, mentre il
destro abbia funzioni di attacco, slancio ed offesa. Questo
processo ha origine dalla mano e si evolve poi in tutto il lato
del corpo, fino ad arrivare alla cosiddetta “lateralizzazione”,
cioè la divisione del lato del
controllo nervoso delle due metà del corpo. Senza la
lateralizzazione non si è in grado
di compiere efficacemente dei gesti sportivi. Il bambino non
nasce lateralizzato, ma lo diventa
sulla base della maturazione delle strutture nervose e finché
non la raggiunge il suo schema corporeo e l’efficacia dei suoi
movimenti saranno imprecisi. Ne sono
sintomi la difficoltà di riconoscere il sopra e il sotto, la
destra dalla sinistra, in generale la
disorganizzazione psicomotoria. A questi aspetti va
aggiunto lo sviluppo dello schema corporeo,
cioè l’immagine di sé che il bambino ha. Si tratta delle
immagini mentali, corrispondenti alle varie posizioni del corpo
o di parti del corpo, sia nelle
posizioni statiche, che in movimento. Occorre che il bambino
sperimenti tutte le possibilità strumentali del proprio corpo:
in piedi, sdraiato, seduto, a testa in giù, in tutti i tipi di
movimento, in rotolamento, in caduta, e così via. Avviene per
fasi: distinzione tra il sé e il non sé, riconoscimento della
propria immagine allo specchio, eccetera.
Anche la completa acquisizione dello schema corporeo si
ottiene alla fine dell’età scolare.
Lateralizzazione, schema corporeo,
organizzazione spazio-temporale, sono i presupposti ed il
risultato della maturazione del bambino. La
lateralizzazione, come processo neuro-fisiologico, ha
importanti implicazioni sugli altri due, che sono più
tipicamente psicologici. Insegnanti, animatori, educatori
sportivi devono favorire questo
aspetto dello sviluppo cognitivo. Occorre però che esistano i
necessari presupposti neuro psicologici ed affettivi, che
dipendono dal rispetto dei tempi e delle scadenze evolutive che
non possono essere anticipate, ma solo agevolate, preparate.
Proporre ad un bambino un’attività, cioè un
tipo di esperienza cognitiva, per la quale non sia ancora maturo
può essere non solo improduttivo, ma addirittura
controproducente. Il bambino, infatti, sceglie tempi e modi dei
suoi interessi.
Questo
ci porta
direttamente al quarto
punto.
-
Le modalità
di apprendimento
Occorre considerare che non sempre l’apprendimento motorio per
imitazione è proficuo e redditizio per il bambino. L’allievo,
infatti, può eseguire i gesti motori solo se
precedentemente è stato posto in grado di avere imparato
esperienze motorie più semplici ed elementari. L’apprendimento
di ogni gesto può essere impossibile
se prima il bambino non ha appreso gesti più semplici che
fungono da “mattoni” per costruire quello più complesso. Quindi
il processo tradizionale di
insegnamento dei gesti motori: “dimostrare”- “fare eseguire”-
“correggere” potrebbe non essere il più corretto, anche
perché potrebbe dare origine a situazioni cariche
di ansia o di frustrazione.
L’obiettivo, quindi, è quello di instradare l’allievo sulla via
di una buona esecuzione motoria,
affinché il bimbo acquisisca padronanza dei gesti.
A partire dai cinque anni, quindi,
l’apprendimento motorio deve avvenire sempre per gradi e
favorendo l’espressione spontanea ed individuale, in forma
gioiosa e ludica. I bambini imparano dai propri errori. Una
caratteristica importante dell’insegnante, quindi, deve essere
quella di non sottolineare l’errore o
correggerlo, ma di stimolare le capacità
autocorrettive dell’allievo, inserendovi elementi
motivanti l’attenzione e la ripetizione, anche per evitare che
il bambino, sopraffatto dall’insuccesso o dalla frustrazione e
dal rimprovero, si ritragga dal ripetere l’esperienza.
L’attività sportiva ideale
L’attività sportiva ideale, dunque, è quella che:
|
È gestita da un insegnante che
conosca questi quattro
elementi |
|
Viene
organizzata nel rispetto di questi quattro fattori
|
|
Stimola lo sviluppo, nel bambino, delle
capacità ad essi collegate e
sopra descritte. |
Un'altra considerazione che spontaneamente viene alla mente è
che l’istruttore può divenire più importante, nella scelta,
della disciplina sportiva. Visto che, come abbiamo
sottolineato, l’attività in queste
fasce di età deve essere generale, varia e non specialistica,
nonché priva di eccessi agonistici, non ha in realtà grande
importanza quale disciplina viene scelta. La cosa importante è
che l’istruttore sia preparato e conosca quanto detto.
Purtroppo in molte società sportive
si verifica un meccanismo
distorsivo per il quale gli aspetti
agonistici hanno il sopravvento su quelli ludico-formativi.
Prendiamo ad esempio il caso del calcio, semplicemente perché è
lo sport più diffuso nel nostro paese. Una società sportiva di
medie dimensioni ha perlomeno una squadra giovanile per ogni
categoria, dai “pulcini” in su fino
alla “primavera”. Visto che, per un’errata ma diffusa concezione
di quello che è il prestigio sportivo, le società si fregiano
dei successi o comunque dei risultati
delle proprie formazioni giovanili, la dirigenza spesso assegna
gli allenatori o gli istruttori alle varie squadre collegando
direttamente la qualità e l’esperienza del preparatore alla
categoria, in modo che i ragazzini più giovani, appunto i
cosiddetti “pulcini” si ritrovano l’istruttore più giovane ed
inesperto, che oltretutto viene comunque incentivato a
raggiungere risultati agonistici nei tornei di categoria. Questo
è proprio l’atteggiamento da evitare.
Il genitore dovrebbe assicurarsi che nei primi
tempi di pratica sportiva il bambino sia indirizzato verso un
percorso di crescita fisica e psicologica in cui l’agonismo
venga coltivato e gestito, perché
utile al suo sviluppo psichico ed emotivo, ma non esasperato.
Un
altro aspetto da non trascurare è la famosa distinzione tra
sport di squadra e sport individuali.
Secondo i più, i primi favorirebbero le
capacità dell’allievo di socializzare e di inserirsi in un
gruppo, mentre i secondi promuoverebbero maggiormente la
capacità del singolo di assumersi la responsabilità del
risultato finale. In realtà questa distinzione ha più
ragione di essere quando l’attività
sportiva è finalizzata ad un risultato agonistico e quindi in un
periodo successivo a quello che stiamo prendendo ora in
considerazione. Non va dimenticato, inoltre, che un buon
insegnante è in grado di creare un forte clima di squadra, di
solidarietà e di partecipazione anche in sport individuali, ad
esempio organizzando saggi, cosa peraltro
assai positiva anche per piccoli allievi compresi nella
fascia di età tra i cinque ed i sette anni.
Facciamo ora una piccola rassegna di
alcuni sport, all’interno della quale vengono fatte alcune
osservazioni sulle caratteristiche di varie discipline, senza
alcuna intenzione di fare graduatorie di merito o pretesa di
dare indicazioni esaustive.
Arti Marziali e Sport Di
Combattimento |
Sono attività spesso malviste
dai genitori che temono per l’incolumità dei
figli. In realtà, se ben gestite, sono
discipline utilissime allo sviluppo dei
bambini, che lavorano sulla coordinazione,
la mobilità articolare, entrano in contatto
con la propria aggressività ed imparano a
conoscerla. |
Atletica
Leggera |
Lanciare, correre, saltare:
qui si impara
quasi tutto quello che il corpo umano può
fare. Inoltre non si può praticare
l’atletica senza incrementare notevolmente
le proprie qualità fisiche, quindi di sicuro
si intraprende un
percorso di crescita.
In più
si
pratica
all’aria
aperta! |
Badminton |
Certamente è divertente e se
al bambino piace è un ottimo sport. |
Ballo
e
Danza |
Eccezionali per
strutturare le
attività basilari di moto. L’apprendimento
degli schemi motori ne trae
un’enorme vantaggio.
Ci si coordina nello spazio e con le altre
persone, il tutto imparando a tenere il
tempo musicale. Da non sottovalutare anche
il fatto che si
ingentiliscono i movimenti, contrastando la
perdita di coordinazione che si ha nei
periodi di veloce crescita fisica.
Si imparano cose
che, in età più avanzate diventano difficili
da sviluppare.
Sottovalutati,
a torto,
dai
maschietti. |
Baseball e Softball |
Divertenti, veloci, ricchi
di esperienze
motorie e praticati all’aperto. |
Beach Volley |
Sport splendido, ma
aspetterei qualche anno. Nel frattempo il
bambino può comunque
praticare attività ad esso propedeutiche. |
Biathlon |
Sport splendido, ma
aspetterei qualche anno. Nel frattempo il
bambino può comunque
praticare attività nelle quali impari a
sciare e a tirare ad un bersaglio. |
Bob e
Slittino |
Attività ideali dal punto di
vista ludico. Sarebbe
bene fossero accompagnate da attività
più generali. |
Calcio |
Si corre e si salta, ci si
coordina con gli altri e nello spazio. Non è
un caso che sia
lo sport più seguito in Italia. Rispetto
agli altri ha il limite di non interessare
in modo massiccio l’uso di mani e braccia. |
Canoa,
Canottaggio e
Kayak |
Sono sport bellissimi che
hanno il vantaggio di essere visti, dal
bambino, come giochi
entusiasmanti. Per una sua crescita
completa, dovrebbero essere integrati anche
da altre attività. |
Ciclismo,
Mountain Bike, BMX |
In questa fascia
di età mettere un
bimbo su di un rettilineo e chiedergli di
pedalare è veramente difficile. È molto
meglio sottoporgli un percorso ad ostacoli
che stimoli la
sua fantasia. |
Equitazione |
Insostituibile è
l’arricchimento umano che dà lo stare
all’aperto, in ambiente campestre e a
contatto con un animale come il cavallo.
Come sport per la crescita
necessita
dell’integrazione di altre attività. |
Football Americano e Rugby |
Sport spesso malvisti dai
genitori, al pari forse degli sport da
combattimento, ma
ricchissimi di esperienze motorie. Qui
si impara a
correre, saltare, lanciare, afferrare,
cadere, rotolarsi, coordinarsi con compagni,
avversari ed oggetti che si trovano a 360°
attorno a noi, ma anche sopra di noi. In
ogni momento il praticante deve sapere dove
si trova rispetto agli altri e
rispetto al campo
di gioco. Altri elementi?
Grinta, spirito di
squadra, lavoro di gruppo ma anche
esaltazione dell’individualità e necessità
di assumersi le proprie responsabilità.
Aspetti
negativi:
rischio
di
eccedere
nell’agonismo. |
Ginnastica
– Artistica e
Ritmica |
Anche qui
si impara a fare quasi tutto quello
che il corpo umano può fare. La ricchezza di
stimoli che viene
fornita è enorme, inoltre non si può
praticare la ginnastica senza incrementare
notevolmente le proprie qualità fisiche,
quindi di sicuro si intraprende un percorso
di crescita che può servire per il futuro a
chi voglia poi cimentarsi con successo in
altre discipline. Vanno smentite poi tutte
le dicerie prive di fondamento in merito al
fatto che questi sport influirebbero
negativamente sullo sviluppo dell’altezza
corporea. |
Hockey |
Ci si muove tanto, e
si impara a
tenere l’equilibrio in posizioni veramente
difficili. Inoltre ci si coordina con gli
altri e nello spazio. |
Nuoto |
Praticato a queste età offre
il vantaggio di fare apprendere la
cosiddetta “acquaticità”,
cioè la capacità
istintiva di muoversi a proprio agio
nell’elemento acqua. Per di più il bambino,
essendo svestito, sviluppa maggiore
consapevolezza del proprio corpo. Il rischio
che va evitato è quello della monotonia. In
ogni caso dovrebbe essere abbinato anche ad
attività motorie svolte
fuori dall’acqua. |
Nuoto
Sincronizzato e
Pallanuoto |
Offrono i vantaggi del nuoto
e possono essere più facilmente arricchiti
di momenti ludici. Anch’essi
dovrebbe essere
abbinati anche ad attività motorie svolte
fuori dall’acqua. |
Pallacanestro
e
Pallamano |
Ecco altre due discipline
nelle quali, oltre che correre, saltare e
lanciare, il praticante deve afferrare,
guardarsi attorno, prendere decisioni,
capire quello che sta accadendo attorno a
lui.
Sicuramente
sono due sport
molto
interessanti. |
Pallavolo |
Possiede molte
caratteristiche della pallacanestro e della
pallamano e, a livello
di avviamento sportivo, non se ne
discosta molto. |
Pattinaggio a Rotelle e Su
Ghiaccio: Artistico e
Velocità |
Ancora una volta abbiamo un
gioco che può diventare uno sport per il
bambino. Avviarlo alla pratica è senz’altro
positivo. Gli
elementi artistici possono essere ricondotti
a quanto si è già scritto per la ginnastica
ed il ballo e la danza. |
Scherma |
Imparare a praticare la
scherma significa apprendere rapidità ma
anche capacità di resistenza, gestire i
riflessi, l’aggressività, la lucidità
mentale, l’autocontrollo. Un’unica
perplessità: si tratta di uno degli sport
con le maggiori caratteristiche
di asimmetria.
Occorre che l’insegnante lavori a lungo e
con maestria a dare uno sviluppo corporeo
equilibrato al praticante, onde evitare il
nascere di paramorfismi
e dimorfismi. |
Sci
e Snowboard |
Ancora uno sport
divertentissimo per il piccolo praticante.
Il fatto che un bambino si diverta a
praticare una certa attività già
di per se la
rende preferibile ad altre.
Certo, alla luce
di quello che abbiamo detto, queste non sono
tra le discipline più ricche di stimoli. |
Sollevamento
Pesi |
Aspetterei
qualche
anno. |
Tennis |
Per questa fascia
di età è forse un
po’ prematuro, a meno che non si tratti di
un corso di lavoro di crescita generale nel
quale l’aspetto ludico sia rappresentato in
modo significativo da qualche attività
propedeutica al tennis. |
Tennis
Tavolo |
È un po’ presto, ma ogni
tanto fa sicuramente bene
far giocare il
bambino con una racchetta ed una pallina.
Il
grosso del
lavoro, però
dovrebbe
essere
diverso. |
Tiro a Segno e
Tiro con l’Arco |
Ottimi come gioco, ma I
bambini hanno bisogno di muoversi. |
Tuffi |
Presenta molte delle
caratteristiche positive
della ginnastica, ma, se l’insegnante non è
veramente bravissimo, è forse un po’ presto. |
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