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STORIA DELLA DANZA
Gli uomini hanno sempre
ballato, o in omaggio ai misteri del cielo o rapportandosi alle cose
concrete della terra. Compresa la vita, compresa la morte. Danza è
linguaggio del corpo, coscienza e conoscenza di sè, espansione dello
spirito umano, realizzazione di respiri e di arte.
POSSIAMO APPROFONDIRE TUTTI CON GRANDE INTERESSE LA STORIA DELLA DANZA,
DALLE ORIGINI AL NOVECENTO.
Dal
PALEOLITICO al NEOLITICO
|
Le prime danze di forma
compiuta risalgono al Paleolitico: erano eseguite da
gruppi di adulti che si disponevano in cerchio. Erano
danze tematiche, in quanto legate, da un lato, ai temi
della fertilità, della vita e della morte, dall'altro,
ai misteri astrali. La testimonianza di queste danze ci
è data dalle pitture rupestri rinvenute nelle regioni
francese e spagnola, la cui interpretazione non è sempre
univoca e sicura. Nell'opera di ricostruzione delle
civiltà, si fa riferimento ad un principio elementare: i
gradi e le tappe del progresso dei popoli primitivi si
ripetono con forme e cadenze ricorrenti; per cui ciò che
osserviamo presso i popoli primitivi contemporanei è
applicabile alle civiltà preistoriche. |
|
Per quanto riguarda le origini
della danza, si ipotizza addirittura una analogia di
comportamenti tra i primi uomini e gli scimpanzè che hanno
l'abitudine di danzare in circolo attorno a un punto fisso del
terreno. Dagli studi condotti sui Pigmei presenti in Africa,
Asia e Nuova Guinea, Oswald Menghin (Weltgeschichte der
Steinzeit, Wien, 1931) ha
ricostruito la civiltà paleolitica media che rappresenta il
primo livello preistorico verificabile attualmente. Egli ha
riscontrato, in questo stadio di sviluppo dell'uomo, una forte
propensione per la danza imitativa, ed ha ipotizzato una danza
di forma corale eseguita in circolo, senza presa delle mani da
parte dei danzatori. L'attitudine alla danza non è comunque una
costante presente in tutti i popoli. Uno studio comparato degli
Andamani e dei Vedda ha dimostrato due opposte tendenze:
accentuata propensione a ballare nei primi, scarsa attitudine
nei secondi. Il dato comune è che entrambi i popoli praticavano
la danza, ma con modalità diverse. Per cui abbiamo una danza
armonica nel primo caso, una danza disarmonica nel secondo
caso. |
Dalla premessa fatta possiamo
far scaturire una ipotesi di classificazione delle prime forme
di danza, che attiene a parametri puramente estetici, e che
riguarda il rapporto tra i movimenti dei danzatori e il proprio
corpo. A tale proposito, Curt Sachs (Storia della Danza,
Milano, Il Saggiatore, 1966) distingue danze disarmoniche
(convulse) e danze armoniche. La fase delle danze disarmoniche
riguarda un ciclo chiuso e la storia di popolazioni o gruppi
etnici particolari, in quanto universalmente la danza è, o
diviene ben presto, sinonimo di Armonia. Una seconda
distinzione, che accompagna anche le danze mature, è relativa
alla loro natura, astratta o imitativa. Le danze astratte hanno
come unico scopo il raggiungimento di una dimensione estatica;
le danze imitative raffigurano avvenimenti per i quali si
auspicano risultati favorevoli e importanti aspettative.
Un problema importantissimo
relativo alle danze delle origini è l'accompagnamento ritmico,
che noi moderni diamo per scontato quando pensiamo all'azione
del ballare. Senonchè, il parallelismo fra musica e danza è una
conquista che possiamo considerare definitiva solo
successivamente alla preistoria. Il modo più naturale di segnare
il tempo è stato ovunque il battere i piedi a terra, oppure il
battere le mani, o il percuotere con le mani parti specifiche
del corpo. Dopo di che, l'uomo ha prodotto suoni vari con
oggetti naturali o manufatti. I primi strumenti musicali sono
stati il tamburo a fessura e il flauto: entrambi, a detta degli
studiosi, concepiti ed utilizzati, oltre che come produttori di
ritmo, anche come simboli sessuali in danze legate alla
fertilità.
Il passaggio dal ritmo alla
melodia come accompagnamento della danza non è stato di breve
intervallo. La costruzione di una melodia, sia pure di tipo
elementare, va oltre la percezione istintuale. Proprio in quanto
elaborazione avanzata della mente, essa è apparsa tardi:
precisamente, presso le tribù dell'Indonesia che già avevano una
cultura contadina. Le prime melodie sono state di tipo cantato e
non musicale. Il testo era dato da una sequenza di parole
casuali, spesso senza alcuna attinenza con il tema della
danza. |
Nell'ambito delle culture
primitive recenti si sono fissate due tipologie di danze che
fanno riferimento ai tasmanoidi e agli australoidi: i primi
erano dediti a danze di imitazione animale; i secondi
svilupparono danze sessuali e di culto lunare.
Con le prime culture tribali
compaiono le danze mascherate.
Parallelamente si
sviluppano:
·
civiltà
totemistiche, che alle danze in circolo e di imitazione animale
aggiungono le danze falliche;
·
civiltà legate
alla cultura della coltivazione della terra, che introducono
danze frontali e danze funebri.
Con l'avvento dei bovari
compaiono le prime danze in coppia, mentre presso i tardi
coltivatori si praticano danze a più circoli e danze a fronti
opposti di maschi (da un lato) e femmine (dall'altro).
Durante il neolitico, con l'età
del metallo e con la divisione in classi di padroni e contadini,
la danza esplode in una varietà di forme che comunque si
ispirano al rapporto maschio_femmina. Sul fronte contadino
abbiamo le schermaglie amorose e gli aperti riferimenti fallici.
Alla civiltà padronale appartengono le danze lascive: l'esempio
più significativo di tale stadio è la danza del ventre che trova
giustificazione nella pretesa di esibizione artistica. La danza
del ventre è la prima forma di danza spettacolo e rappresenta
l'inizio di una nuova civiltà che si basa sui concetti di
professionismo e di esibizioni a pagamento. Ne deriva che la
danza si arricchisce, a poco a poco e fino in fondo, di quei
valori estetici e culturali che la trasformeranno in arte
sublime. |
L'EGITTO |
L'Egitto ha un ruolo
importantissimo nella storia della danza in quanto sono stati
proprio gli Egizi i primi ad aver introdotto la misura del
ritmo.
Dall'anno 3000 avanti Cristo
fino al 932 avanti Cristo si sono succedute trenta dinastie
(dopo si è instaurato il dominio persiano). Nel corso di oltre
due millenni, la civiltà egizia ha elaborato varie
finalizzazioni della danza, fino a farne un'arte codificata:
inizialmente, portando a sintesi i fermenti del Vicino Oriente e
le correnti culturali dell'Occidente; successivamente,
producendo dal suo interno forme avanzate di espressione
coreica.
La danza è stata vissuta dal
popolo egiziano in una forma molto partecipativa: essa è stata
usata sia per i funerali che per le feste, oltre che nelle
cerimonie pubbliche. Accompagnava il culto, senza tuttavia
annullarsi in esso: ne era un elemento decorativo. In un certo
senso, la danza faceva parte delle tecniche di gestione del
potere. L'intero universo egiziano girava attorno alla danza.
Erano danzanti gli dei, i sovrani, i sacerdoti. Le più grandi
ricorrenze pubbliche e i più importanti avvenimenti politici e
militari erano vissuti e sottolineati, secondo le strategie dei
regnanti, dalle danze di popolo. I faraoni favorivano le danze
perchè esse rappresentavano un elemento di attrazione delle
masse verso le manifestazioni politico_religiose che servivano
ad affermare il loro potere.
Attraverso i secoli la danza
egizia evolse verso forme dionisiache: dalla letizia della pura
festosità si passò a performances orgiastiche sempre più diffuse
e consapevolmente dirompenti. Giovanni Calendoli ci parla di un
bassorilievo del tempo di Adriano, a Roma, che rappresenta un
santuario egizio, all'interno del quale si svolge una danza
frenetica di uomini e donne, mentre gli spettatori, dalle
tribune, partecipano calorosamente alle varie fasi
dell'eccitante spettacolo. (Calendoli
Giovanni,
Storia universale della danza,
Milano, Mondadori, 1985).
Nelle corti e presso le classi elevate, la danza fu molto
praticata anche come abitudine privata, specialmente durante i
convivii. |
Durante il primo millennio
avanti Cristo, l'Egitto consegnò alle civiltà successive le
acquisizioni coreiche della fase più matura. L'arte figurativa
egizia ci ha tramandato i cori femminili che usavano i battiti
delle mani per segnare il ritmo delle danze. Sulla base dei
ritmi scanditi in tal modo, si componevano figure di danza che
coinvolgevano danzatori e danzatrici in un disegno unitario di
dinamiche armonie. Non è sbagliato parlare di coreografie vere e
proprie, studiate a tavolino, che denotano un processo di
teorizzazione avanzata. Siamo lontani dallo spontaneismo delle
origini, mentre si creano le premesse per uno studio sistematico
delle potenzialità del corpo umano in relazione all'azione
motoria correlata alla musica.
L'ipotesi che gli Egizi
avessero l'abitudine di scandire, preferibilmente, il ritmo con
le mani si incastra con quanto ci riferisce Curt Sachs
nell'opera Storia degli strumenti musicali (Mondadori, 1996):
"Tra i fatti più sorprendenti della
musica egizia è l'assenza completa di tamburi fin verso il 2000
a.C. Può darsi che anche prima siano esistiti tamburi in Egitto
senza che ne sia rimasta testimonianza nell'iconografia. Pur
ammettendo comunque questa vaga possibilità, la mancanza d'ogni
riscontro archeologico in una regione così ricca di documenti
d'arte realistica potrebbe quasi ergersi a prova della loro
reale assenza. Si può solo dedurre che la musica egizia fosse
ispirata a impulsi melodici piuttosto che al ritmo: come
oggigiorno, più o meno".
Giovanni Calendoli dimostra la
maturità della coreutica egizia riportando quattro termini
coniati dalla cultura e dalla lingua ufficiali per distinguere
altrettanti tipi di danza, cosa rivoluzionaria per quei tempi:
1.
iba:
danze lente;
2.
khebet:
danze saltate;
3.
keskes:
danze sincopate;
4.
tjenef: danze
mimate. (Calendoli
Giovanni,
Storia universale della danza,
Milano, Mondadori, 1985)
|
GRECIA e ROMA |
GRECIA
In Europa la danza nacque alla
fine del secondo millennio avanti Cristo, precisamente in
Grecia. La cultura greca operò una sintesi di quanto si era
prodotto fino ad allora presso le altre civiltà conosciute:
dall'Egitto all'India, alla Cina. Dalle danze africane essa
recepì i caratteri della festosità e dell'allegria; dalle danze
asiatiche prese l'impostazione etico-religiosa dai toni solenni
ed introversi. Attraverso la elaborazione di questi elementi, si
crearono due tipologie di danza che corrispondevano ai due poli
filosofico_culturali ellenici dell'Ethos e del Pathos. Dalla
fusione dei contenuti di queste due impostazioni di pensiero si
generò la danza teatrale.
Ad un attento esame del
fenomeno coreico in Grecia, viene fuori che non vi sono molti
elementi di novità rispetto a quanto si era prodotto presso
altre civiltà. Ci troviamo di fronte ad una rielaborazione di
temi già esistenti, quali combattimenti, morte, fertilità,
iniziazione, nozze. Le modalità ricalcano noti schemi
afro_asiatici: danze animali, mascherate e imitative, eseguite
in circolo, in coppia, in processione o su fronti contrapposti
maschi/femmine. E' anche vero che queste e non altre sono le
tipologie espressive; è quindi naturale che i popoli venuti
prima, nell'averle realizzate, ci sembrano oggi originali,
mentre i popoli venuti dopo ci danno l'impressione di aver
copiato passivamente. Certo, le popolazioni elleniche sono state
molto creative in tutti i settori della cultura e dell'arte; per
questo motivo ci si sarebbe aspettato qualcosa di importante in
campo coreico. Probabilmente, i continui flussi migratori verso
la Grecia spiegano l'importazione di danze esistenti altrove. I
gruppi di immigrati si portarono appresso le danze in uso nelle
terre di origine.
E' il caso di evidenziare che,
analogamente a quanto emerso per le danze, anche in campo
musicale la Grecia si limitò a rielaborare modelli e ritmi di
importazione. Dato il nesso strettissimo esistente fra musica e
danza, mi piace qui riportare un passaggio interessante
dell'antropologo e studioso di storia della danza Curt Sachs:
"Architettura e scultura furono arti native della Grecia.
Certamente gli artisti greci derivarono tecnica, stile, idee
dalle altre nazioni mediterranee. Però, al di fuori di questi
imprestiti e influenze, essi crearono quel canone classico che
decise il destino dell'arte occidentale per oltre duemila anni e
influenzò pure l'arte dell'Oriente di religione buddista. In
contrasto stridente con quell'autoctono fiorire delle arti
belle, la musica greca fu quasi interamente importata da altre
culture. I modi frigio e lidio erano reminiscenza dell'Asia
Minore; Olimpo, il patriarca della musica greca fu detto essere
figlio del frigio Marsia; il suo discepolo, Talete, era cretese.
Nessuno strumento nacque in Grecia... La gran parte degli
strumenti della cultura musicale ellenica sono d'una semplicità
sorprendente, da poterli definire primitivi, e riesce arduo
collegarli alla meravigliosa maturità dell'architettura e
scultura contemporanee"(Sachs Curt, Storia degli strumenti
musicali, Milano, Mondadori, 1996).
Va comunque evidenziato che il
cocktail prodotto dai Greci, utilizzando i vari elementi coreici
di importazione, fu caratterizzato da quel concetto di
perfezione tipica della cultura ellenica. Fu così costruita una
danza immediatamente in linea col supremo ideale di armonia,
intesa come equilibrio permanente di spirito e corpo. Per i
Greci la danza costituiva una sorta di unità lirica, assieme a
musica e poesia. In base al contenuto delle varie danze, di
impostazione divina e di finalizzazione ginnico-militare, gli
studiosi ne hanno delineato due filoni: danza orchestica e
danza palestrica.
I Greci ebbero come maestri di
danza i Cretesi che furono i migliori danzatori della loro
epoca: questi furono unanimemente considerati i più grandi
artisti nei vari generi di ballo. Una loro danza, la pirrica,
fu adottata dagli Spartani che la trasformarono in una vera e
propria danza di preparazione al combattimento. Platone afferma
che la pirrica (pyrrìchios: danza rossa) era stata creata dalla
dea Atena, personalmente. Secondo la cultura spartana, un
grande danzatore era anche un grande guerriero. Gli storici
raccontano che gli eserciti spartani entrassero in battaglia con
un tipo di marcia che corrispondeva ad una danza. Fra le danze
guerriere, ricordiamo la xiphismòs (danza con la spada) e la
thermastrìs (danza dai movimenti convulsi).
Grande sviluppo ebbero anche le
danze di culto dove la figura della donna assunse un ruolo di
centralità. Le famose mènadi erano danzatrici invasate, prese
dall'ebbrezza sacra e capaci di annullarsi in Dionisio. La loro
danza, all'inizio frutto di rapimento e di istintività, diventò
prodotto sofisticato e artisticamente rilevante. Basti dire che
la gestualità delle mani fu codificata in una serie di
significati direttamente connessi ai vari moti dell'animo umano.
Confluirono in Grecia molte danze asiatiche, dalla cui
'ellenizzazione' scaturì un fenomeno che, associato o meno al
divino, possiamo definire come il culto per la bellezza e per il
nudo femminile. Dalle pitture vascolari che ci sono state
tramandate si evince un tema quasi fisso: danze di fanciulle
che, interpretando gli antichi riti della fertilità, sembrano
perseguire l'obiettivo primario di mostrarsi al fine di
piacere.
Nell'opera La nascita della
tragedia, friedrich nietzsche suddivide le danze greche in
apollinee e dionisiache (1871-1872 - Milano, Adelphi, 1995).
·
Le danze
apollinee sono severe, a contenuto etico e rituale. La loro
origine è dorica o cretese. Oltre la citata pirrica e le altre
danze di guerra, le più famose sono:
o
gèranos, danza
degli Ateniesi a Delo,
o
emmèleia, danza
usata nella tragedia,
o
peana, danza
magica che veniva eseguita dal coro,
o
ipochermatica,
danza allegra che, per le sue caratteristiche, si avvicinava
moltissimo a quelle dionisiache.
·
Le danze
dionisiache sono prevalentemente a contenuto satirico e
orgiastico. La loro origine è ionio-asiatica. Esse sfociano
anche in forme violente. Le più famose sono:
o
kòrdax, danza
tipica della commedia, prevalentemente a contenuto volgare,
o
òklasma, danza
persiana con caratteristiche acrobatiche,
o
sikinnis, danza
usata nel dramma satiresco, a contenuto scurrile.
ROMA
Il razionalismo di cui fu
orgogliosamente impregnata l'antica cultura romana era
intrinsecamente antitetico allo spiritualismo delle danze
estatiche. Pertanto, non dobbiamo meravigliarci se nella grande
e nella lunga storia di Roma non troviamo alcun posto d'onore
assegnato alla danza. I Romani furono abbastanza abili nel saper
metabolizzare (romanizzare) quanto di meglio trovavano in giro
per il mondo, a livello pratico, teorico e culturale. Ma con la
danza, che pure imperava dappertutto, non ebbero mai un buon
rapporto. Nonostante Plutarco sottolinei la grazia con cui
'danzavano' i sacerdoti di Marte, e nonostante Luciano definisca
il tripudium 'danza maestosa', in verità l'intero fenomeno
coreico a cui i citati scrittori facevano riferimento va
ricondotto a finalità pratiche e alle normali attività di un
popolo produttivo e guerriero.
·
Il tripudium era
una danza sacerdotale, legata alla scadenze della coltivazione
delle terre. Consisteva nel battere tre volte il piede a terra,
secondo un ritmo che si ispirava all'anapesto, piede della
metrica classica composto da due sillabe brevi e una lunga:
insomma, una specie di moderno quick, quick, slow!
·
Per quanto
riguarda le danze d'armi, è fin troppo facile intuire quale
armonia esse potessero esprimere, se solo si pensi alla forma
mentis e alle maniere dei guerrieri romani.
Secondo la leggenda, Roma fu
fondata il 21 aprile del 753 avanti Cristo. I Romani furono
sempre impegnati con le guerre: contro gli Etruschi, i Latini,
gli Ernici, i Volsci, gli Equi, i Galli, i Tarantini, i
Cartaginesi, i Macedoni. Ma dopo tante conquiste, subirono
l'influsso della civiltà greco_ellenistica, la più prestigiosa
civiltà di tutti i tempi. Dopo secoli di guerre, forse i Romani
erano stanchi di vivere secondo le tradizionali regole di
austerità e di sacrifici. Sta di fatto che finirono per
rinunciare alla semplicità dei loro costumi e si lasciarono
prendere, affascinati, dalla dimensione ellenica ed orientale:
l'eleganza dell'arte, la sottile cultura, la piacevole mollezza,
il lusso esagerato. Perfino nel campo religioso furono
assimilati i caratteri greci, e si realizzò una totale
identificazione delle divinità romane con quelle elleniche.
Questa grande operazione di trasposizione culturale, artistica
ed estetica raggiunse il massimo livello di visibilità nel campo
dell'architettura urbana.
Così, nell'ambito del fenomeno
sopra descritto, attorno all'anno 200 avanti Cristo, la
coreutica greca entrò in Roma. Contemporaneamente fu recepita
anche la coreutica etrusca, e il ballo diventò una cosa
importante nella vita privata e in quella pubblica. Fu istituito
l'insegnamento della danza, e tutte le famiglie nobili presero
l'abitudine di avviare i propri figli allo studio di questa
nuova e raffinata 'arte del muoversi'. E' doveroso precisare
che, pur stabilizzatasi col tempo l'abitudine di ballare, anche
contro le teorie dei detrattori che vi ravvisavano i segni e i
pericoli della decadenza, non scattò mai una fase di creatività
che producesse moduli coreici originali. Anzi, nella fase matura
dell'Impero, si impose massicciamente la pantomima greca, che
rappresentava l'azione drammatica senza l'uso delle parole. La
pantomima aveva per contenuto il mito, la storia degli dei e
degli eroi. La rappresentazione coreografica del mito si
affermò, appunto, come la forma di spettacolo più gradita al
popolo romano che, comunque, non diventò mai un popolo di
danzatori.
|
IL MEDIOEVO
Durante il Medioevo la danza
ebbe vita difficile, in quanto, a parte poche eccezioni, fu
avversata dalla Chiesa che vi ravvisava occasioni di peccato e
di immoralità. In verità la Chiesa, come ci ricorda Giovanni
Calendoli, fu "la sede dove, attraverso il canto, si rinnova la
musica mediante un processo nel quale confluiscono e si fondono
tradizioni diverse. E nella Chiesa, durante il primo millennio,
si è anche danzato. Se ne ha una documentazione indiretta ma
continua attraverso le riprovazioni e i divieti". (Calendoli
Giovanni, Storia universale della danza, Milano, Mondadori,
1985). Quando l'abitudine a danzare si diffuse fuori dai luoghi
sacri e si affermò come esigenza spontanea di divertimento, la
condanna ufficiale si fece sentire un pò dovunque.
Nonostante le condanne, le
popolazioni europee, dentro o fuori le chiese, non hanno mai
smesso di ballare. Mancò però, nel periodo esaminato, quella
spinta propulsiva che è sempre il fondamento di ogni
innovazione; per cui, volendo parlare di danza medioevale, si
deve fare riferimento al mantenimento ed alla trasmissione di
modalità coreiche preesistenti. Sotto questo aspetto, il
Cristianesimo non ha modificato nelle masse il modo di concepire
ed eseguire le danze. Nella coreutica medioevale, infatti,
ritroviamo tutti i temi delle civiltà precedenti: la fertilità,
la morte, i raccolti, le nozze. Continuarono ad esistere le
danze mascherate, quelle in circolo e quelle legate in qualche
modo ai riti magici. I veti della Chiesa esercitarono un effetto
solo sulle classi dominanti, che si associarono nel condannare
le danze e nel respingerle. La cultura ufficiale, pertanto, non
si impegnò nemmeno per una loro revisione. |
L'unica importante novità che
si verificò in tale periodo fu la nascita di una particolare
figura: il giullare. I modi di definire il giullare, oggi, sono
tanti: cantastorie, menestrello, esperto nell'arte del mimo,
artista ambulante, musico e poeta, attore e perfino buffone. Ma
la caratteristica che più interessa ai nostri fini è che egli fu
un danzatore, sia pure 'sui generis'. Il suo modo di ballare si
discostava dalle forme della danza popolare. Egli eseguiva
movimenti ampi ed esteticamente avvincenti. La sua danza non
aveva altra finalizzazione che l'intrattenimento ed il
divertimento. Per questo motivo, acquisivano importanza
l'agilità, la prestanza fisica, la bellezza. Il giullare ballava
da solo: essendo egli l'unico centro delle attenzioni, tendeva
ad essere acrobata e professionista. Le sue esibizioni non
avevano alcun nesso con la religione.
A livello popolare, nel
Medioevo, si svilupparono le danze macabre e cimiteriali: la
gente si abbandonava a balli spontanei in occasione di cerimonie
funebri. Il senso della morte era molto sviluppato: accompagnava
le persone comuni in tutte le fasi della giornata e della vita.
Si continuava a praticare la danza di corteggiamento, nella
forma consolidata della carola, recuperando una antica
concezione secondo la quale, girando ritmicamente attorno ad una
persona, se ne aveva (o poteva avere) il possesso. La carola era
accompagnata dai canti: l'uso di strumenti musicali era
rarissimo. La spiegazione è che, mentre la musica si adatta
alla danza di coppia, il canto corale unisce anche
spiritualmente il gruppo dei partecipanti alle figure elementari
del ballo. La critica ha definito cantilene i canti che
accompagnavano le carole. Gli elementi costitutivi della
cantilena erano il ritornello ed il verso. La caratteristica era
data dalla brevità e dalla orecchiabilità. Nel corso del 1300 si
affermò la separazione dei ruoli fra danzatori e cantori. Chi
ballava non cantava; e chi cantava non ballava. A quel punto
cominciava ad avvertirsi la necessità dell'accompagnamento
musicale. |
Dal RINASCIMENTO ... della
DANZA in poi |
E' definito Rinascimento il
periodo storico che va dalla fine del XIV secolo alla seconda
metà del XVI secolo. Si chiama così perchè tale periodo fu
caratterizzato dalla fioritura (o rifioritura) delle arti, delle
lettere, delle scienze. Sul piano politico esso coincide con
l'instaurazione del sistema assolutistico dei grandi Stati
nazionali.
La voglia di rinascita esplose
anche nella danza, dove per troppo tempo si era registrata una
stasi sostanziale in questo senso: le masse si dedicavano agli
antichi balli senza rinnovarli; i regnanti condannavano il
fenomeno coreico in generale, in linea con le posizioni della
Chiesa ufficiale; lo stile gotico imperante aveva imbalsamato
con le sue rigide austerità ogni movimento del corpo e della
mente. Con l'avvento dell'Umanesimo la danza venne rivalutata al
punto da essere paragonata ad una forma di arte. Essa non
restava più confinata nelle misere abitudini dei ceti meno
abbienti, ma diventava segno distintivo delle classi nobili.
Pertanto, da un lato, si sviluppò il saltarello come simbolo di
esplosione della danza popolare; dall'altro, si affermò la bassa
danza come danza delle cerimonie di corte. Fra il '400 e il '500
la danza accentuò natura e forma rappresentative: il principe
rafforzava la sua centralità. Gli spettacoli si ispiravano alle
vicende della sua vita: nascite, matrimoni, vittorie,
incoronazioni. Accanto a questo tipo di danza che possiamo
definire di società, prendevano piede spettacoli che
utilizzavano un vero e proprio codice coreico: le danze venivano
inserite all'interno di commedie, tragedie e drammi pastorali. |
In un contesto del genere,
perdeva quota il giullare che fino a questo momento era stato
l'unico depositario dei segreti del ballo, una specie di
professionista ambulante. Entrò in scena, per la prima volta, un
personaggio importantissimo: il maestro di danza. Il fenomeno
dei maestri di danza esplose in modo particolare nell'Italia
settentrionale. Non ci fu principe che non avesse il suo maestro
di fiducia, non ci fu corte dove non si organizzassero feste
danzanti. Nei matrimoni dei nobili, la presentazione della sposa
avveniva a passi di danza: in alcuni casi, il maestro di danza
si sostituiva al padre stesso della sposa. Molti, fra i primi
maestri di danza, erano di origine ebrea. Nel XV secolo, con la
formazione della categoria dei maestri, nacque la moda dei
manuali di ballo, che da quel momento, non si è più fermata
(vedi paragrafo specifico).
Con l'avvento dei Maestri, con
i manuali di ballo, con le teorie della danza, finivano i tempi
in cui ognuno poteva 'muoversi' come voleva. Da questo momento,
partiva un lungo processo di evoluzione della danza e,
parallelamente, si allargava il divario fra il modo di ballare
delle classi umili e i canoni seguiti dalle classi sociali
superiori.
Durante il Rinascimento, si
verificò in Europa la più grande riscoperta di danze di tutti i
tempi. Furono elaborati e portati a sintesi elementi eterogenei
di varie epoche e di diversi popoli, mentre da una nazione
all'altra si spostavano facilmente mode musicali e moduli
coreici. Furono riprese e attualizzate antiche esperienze arabe,
fenicie, elleniche, iberiche. Italia, Francia, Germania ed
Inghilterra produssero decine e decine di nuovi balli (vedere
sezione FUORIPISTA), con programmi sempre più articolati e
complessi. |
Successivamente, con la crisi
delle corti europee, nel '600, la danza acquisì un suo
linguaggio specifico, avviandosi a diventare genere particolare
di spettacolo, sia pure complementare a forme di
rappresentazioni ancora ritenute superiori. Alla pratica
teatrale da parte dei dilettanti si sostituì una vocazione
specialistica che trovò il suo migliore contesto nelle
Accademie, le quali si ponevano sia come centri di cultura che
come laboratori di spettacoli musicali e coreici. Anche le
scuole religiose (in particolare i collegi gesuiti) assunsero
la danza come elemento educativo e come strumento di
comunicazione.
Proprio a questo periodo gli
studiosi fanno risalire il declino del cosiddetto dilettantismo
teatrale. Nasceva il teatro pubblico dove, accanto alle
rappresentazioni melodrammatiche, la danza acquisiva un ruolo
fondamentale. Ancora non diventava un genere autonomo, in quanto
rappresentava un importante ornamento visivo al melodramma. Ciò
nonostante, si avviava al professionismo.
Mentre fino a questo momento le
differenze fra danze di società e danza da teatro erano state
minime, a volte impercettibili, da qui partiva un lungo
processo di differenziazione dei generi. La danza finalizzata
allo spettacolo puntava a diventare arte. Iniziava il suo
prestigioso cammino attraverso i secoli e attraverso i
continenti: dal ballo grande alla danza libera, dal ballet
d'action alla nouvelle danse, dallo style volant di Didelot alla
scuola russa, dal royal ballet alla modern dance e alla
post-modern dance.
|
Dai PRIMI MANUALI
a CELLARIUS |
I primi trattati riguardanti
l'arte di ballare risalgono al 1400, perchè in quel periodo la
danza usciva dalla clandestinità ed approdava ai palazzi del
potere. Diventata, come per miracolo, arte nobile, veniva
inserita quale materia di insegnamento nelle Accademie riservate
ai giovani aristocratici, assieme alla scherma e alla
equitazione. Naturalmente tutto ciò che si ballava al di fuori
delle case principesche non era degno dello stesso rilievo
attribuito alla coreutica di corte.
La danza popolare, nonostante
sia la madre di tutte le danze nella storia delle nazioni e
delle civiltà, non ha avuto da parte di cronisti e letterati
tutta l'attenzione che meritava; per cui mancano testimonianze
analitiche della stessa, relativamente a periodi e passaggi
importanti. Le prime teorizzazioni riguardano esclusivamente la
Danza di Corte.
Molti furono gli
italiani fra i primi autori
di trattati relativi al ballo:
·
Domenico da Piacenza
De Arte saltandi et choreas ducendi
(1416)
·
Guglielmo Ebreo (Pesarese)
Trattato dell'ARTE del BALLO
(testo del XV secolo)
·
Domenico da Ferrara
Liber Ballorum
(testo inedito
del XV secolo)
·
Antonio Cornazzano
Libro sull'arte del danzare
1465
·
Rinaldo Rigoni
Il Ballarino perfetto
Milano (1468)
·
Marco Fabrizio Caroso
Il Ballarino
Venezia (1581)
·
Thoinot Arbeau Orchésographie
Langres
(1588)
·
Cesare Negri
Le
Gratie d'Amore
Milano (1602)
·
John
Playford
The
Dancing Master
London (1650)
·
Claude Francois Ménestrier
Traité
des tournois, joustes, corrousels et autres spectacles publics
Lyon, Jacques Huguet (1669)
I maestri francesi codificarono
egregiamente alcune danze raffinate del loro paese. I più
famosi: Pierre Beauchamps e Louis Pécour, che
rappresentarono per lungo tempo una vera e propria Autorità in
materia.
Nel 1700 fu pubblicato a Parigi
il testo di Raoul Auger Feuillet
Chorégraphie ou l'art de décrire la danse.
Al 1725 risale il
Maitre a dànser
di Pierre Rameau. Nel 1728 fu pubblicato a Napoli il
Trattato del Ballo
nobile di Giambattista Dufort:
una specie di manuale contenente norme e principi generali atti
a regolamentare il ballo da sala sia a livello di posizione
della coppia sia a livello di direzione di 'marcia'. Questi
libri furono tradotti in inglese e portati a Londra negli
ambienti che contavano e che guardavano con attenzione alle
novità del continente, anche nel campo delle danze.
E' importante sottolineare che
in molti trattati si usano i termini
Cavaliere e Dama per
nominare i nobili del tempo: sovrani, congiunti, discendenti e
rispettive signore. L'appellativo di dama, che deriva dal latino
domina (padrona), era accordato solo alle donne di altissimo
rango. Tali nomi sono poi stati assunti nei periodi successivi
per indicare semplicemente i due partners di un qualsiasi
ballo... anche se non di sangue reale. Per la precisione, il
termine dama ha acquisito il significato di "compagna del
ballerino" a partire dal 1722.
CURIOSITA'
Dalla lettura delle opere
citate si possono fissare sinteticamente sia i passaggi
fondamentali della Storia del Ballo in Europa dal 1400 in poi,
sia alcune curiosità ancor oggi interessanti:
·
L'educazione al
ballo fu vissuta dalle classi nobili con la stessa serietà
riservata alle arti di guerra.
·
Il riconoscimento
ufficiale (diploma) di ballerino si conseguiva attorno ai
quattordici anni.
·
Le danze si
dividevano in due gruppi: 1)
veloci
a divisione binaria; 2)
lente a
tempo ternario.
·
I
balli veloci ricorrenti erano:
bourrée, allemanda,
rigaudon, giga, gavotta, corrente, gagliarda.
·
I
balli lenti ricorrenti erano: loure,
sarabanda, ciaccona, follia di Spagna.
·
I movimenti
fondamentali erano denominati:
piegato, rialzato, andante e circolare.
·
I tipi di salto,
più figurati che reali, erano due: sul posto e fuori posto.
Il salto
fuori posto era vietato alle Dame.
·
Luigi XIII
(1601-1643) è stato il primo sovrano a istituire il titolo di
Maestro di Ballo. |
CELLARIUS
Henry Cellarius
è stato il più grande ideologo
del ballo da sala e il più convinto sostenitore della necessità
che tale ballo dovesse seguire una via autonoma e completamente
separata dal balletto dell'Opera. Fino a metà del XIX secolo
non emergeva con chiarezza il problema della netta separazione
fra danza accademica e ballo da gara e da divertimento.
Cellarius, originario dell'Ungheria, era un grande ballerino,
già famoso nella Parigi del 1840. Inoltre era proprietario di
una delle più affermate scuole di ballo francesi. Raffinato
teorico ed esperto costruttore di figure di danza, nel 1847
pubblicò LA DANSE DES SALONS, il primo manuale concepito secondo
moderne tecniche di insegnamento. Egli puntava a dare dignità ai
principali balli del momento, operando una sintesi perfetta fra
le compatibilità etico-culturali della società e le esigenze
stilistiche di una disciplina artistica. Sottopose a revisione
valzer, polca e mazurca, riproponendoli in forme rinnovate e
gradevoli: suscitò grandi entusiasmi tra le persone competenti
per via di un discorso tecnico di alto livello che accompagnava
e caratterizzava le singole danze. Notevole fu la sua capacità
di personalizzare qualsiasi tipo di ballo, dando dignità
artistica anche alle danze più semplici. Egli attribuiva molta
importanza alla creatività dei ballerini purchè nel rispetto
delle regole basilari e di uno stile impeccabile. Raggiunse
l'apice del successo con la creazione di tre balli sviluppati
attraverso originali elaborazioni della mazurca:
quadriglia-mazurca, polca-mazurca, valzer-mazurca. Fino alla
morte, Cellarius fu la più grande autorità nel panorama europeo
del ballo (ulteriori notizie sono riportate nella rubrica
TEORIE A
CONFRONTO: Cellarius e la
danza da salotto). |
LE PUBBLICAZIONI DI
FORNI EDITORE
Mi corre
l'obbligo di sottolineare l'opera meritoria di Arnaldo Forni
Editore di Bologna, che ha dato alle stampe alcuni testi
introvabili, particolarmente significativi:
·
Guglielmo Ebreo (Pesarese)
Trattato dell'ARTE del BALLO
(XV secolo).
Parlo di tale
testo nella sezione RECENSIONI, paragrafo 16.
·
Manuale Completo dei Balli di Società,
Milano, Guigoni, 1888. Leggiamo la presentazione di tale opera
nel Catalogo 85/2002: "... ossia il Maestro da ballo in famiglia
con le istruzioni per comandare e dirigere Contraddanze,
Quadriglie, Cotillons, ecc.".
·
Messori Roncaglia Giov.
"Della virtute et arte del DANZARE et di alcune opportune et
necessarie particelle a quella pertinenti.". Si tratta della
trascrizione di un manoscritto inedito del XV secolo, a cui è
stata data veste tipografica per la prima volta a Modena nel
1885. Tale
manoscritto si trova nella Biblioteca Palatina di Modena.
|
Le DANZE del XVII
SECOLO |
|
|
Nella seconda metà del XVII
secolo si ebbe una grande affermazione delle danze nobili in
Europa:
·
Minuetto, danza di
coppia in 3/4 (vedi paragrafo sottostante, ulteriormente
sviluppato nella sezione FUORIPISTA).
·
Pavana, nella
duplice versione padovana e spagnola: ballo caratterizzato dai
movimenti lenti e dall'incedere maestoso.
·
Corrente, danza in
tempo binario o ternario, briosa e movimentata.
Nata in Italia,
aveva una struttura ricorrente così articolata:
o
passeggiata della coppia,
o
corteggiamento del cavaliere,
o
rifiuto della dama.
·
Gavotta, nata nella
Francia meridionale, era una danza cerimoniosa che su un ritmo
lento di 2/4 metteva in risalto le virtù e le grazie della dama.
Le dame danzavano in gruppo, con abiti eleganti: in una mano
portavano il ventaglio, con l'altra mano reggevano un lembo del
vestito. In questo modo si producevano in inchini non privi di
virtuosismi.
Questi quattro balli si
diffusero in tutta l'Europa per l'intera durata del XVII secolo.
La loro fine si ebbe con la rivoluzione francese che portò in
auge il Valzer.
|
IL MINUETTO
La storia del Minuetto
merita di essere raccontata:
Già all'inizio del Seicento,
nella regione della Francia centro-occidentale chiamata Angiò
(Anjou), era praticato dai contadini che abitavano nelle
fertili vallate bagnate dal fiume Loira e dai suoi affluenti.
Forse era nato proprio in quelle terre la cui relativa ricchezza
metteva allegria alla popolazione.
Minuetto
dovrebbe significare (dal francese menuet o pas menu)
piccolo, (passo) minuto: il
riferimento è ai passi brevi che costituivano la danza di metro
ternario e tempo moderato. Questo ballo sarebbe morto dove era
nato se non fosse stato scoperto da un italiano:
Giovanni Battista Lulli
(Firenze 1632-Parigi 1687). Musicista e ballerino, nel 1652
entrò al servizio di Luigi XIV (il re-Sole, il re dello sfarzo e
della centralità francese) e dopo dieci anni fu nominato
sovrintendente e compositore della camera reale. Lulli aveva
grande temperamento artistico e fortissimo intuito. Fu colpito
dalla essenzialità del minuetto e dal fascino sottile che tale
ballo nascondeva, pur dietro la sua natura rurale. Lo elaborò,
lo abbellì e lo presentò a corte nel 1654 facendolo diventare in
breve tempo il re dei balli dell'alta società. Il minuetto tenne
banco per molti anni come danza aristocratica. Poi fu sempre più
utilizzato nella musica operistica e nella letteratura
strumentale cosicchè riuscì a sopravvivere anche dopo la crisi
del barocco, acquisendo vivacità e dinamicità con Mozart, Haydn
e Beethoven.
Il minuetto fu soppiantato
dalla contraddanza, un ballo che potremmo definire 'di
gruppo' in quanto richiedeva 8 o 12 ballerini (al limite anche
4). La contraddanza era allegra ed aggressiva ed ebbe una base
sociale più ampia: il terzo stato. L'aristocrazia perdeva
terreno rispetto all'emergente borghesia e l'epicentro della
cultura del ballo usciva dalle corti per spostarsi all'interno
della società civile. La danza conquistava nuove piste
coinvolgendo un pubblico sempre più ampio.
La contraddanza è importante
perchè segna il passaggio dallo stile manierato, basato su
schemi rigidi, ad uno stile più leggero che prepara il terreno
all'avvento del Valzer, basato sostanzialmente sull'alternarsi
di giri a destra e giri a sinistra.
|
IL BALLO SENSUALE
NELLA PENISOLA IBERICA
Alla fine del
1700 molti paesi reagirono ai 'pericoli' della Rivoluzione
francese rifiutando qualsiasi contaminazione (anche artistica e
culturale) che provenisse da Parigi. Nella penisola iberica ciò
avvenne anche in relazione al fenomeno del ballo, per cui le
autorità incoraggiarono le danze locali e di fatto impedirono le
esibizioni pubbliche di ballerini stranieri. In tale contesto,
qui prima che altrove, il ballo popolare ebbe successo e
consacrazione ufficiale. Le stesse danze che si ballavano ai
livelli più bassi della popolazione venivano rappresentate nei
teatri e nei locali pubblici come spettacoli artistici. A quel
tempo molti viaggiatori dell'Europa centrale e settentrionale si
recavano in Spagna e in Portogallo in cerca di esperienze
esotiche. Nelle testimonianze scritte di queste persone è
ricorrente il senso di meraviglia e di stupore per i balli
tipici delle regioni visitate con particolare riferimento
all'Andalusia e alla Castiglia. Si racconta di danze, viste in
privato ed in pubblico, ispirate alla più sfrenata lussuria e
alle passioni violente proprie dei popoli del Sud Europa. Il
riferimento specifico è alla seguidilla e al suo derivato
bolero,
nonchè alle rappresentazioni sceniche denominate
tonadilla e las boleras.
L'illuminista
spagnolo Gaspar Melchor de Jovellanos commentava scandalizzato
gli spettacoli pubblici del suo paese nel modo seguente:
"Altro non sono i
nostri balli se non una miserabile imitazione delle libere ed
indecenti danze dell'infima plebe".
In Portogallo
nella seconda metà del 1700 era molto diffusa la pratica del
ballo. Si era consolidata una sintesi tra le vocazioni ritmiche
locali e la cultura musicale africana massicciamente presente su
due fronti:
1.
le
mode brasiliane importate da quanti facevano la spola per motivi
commerciali e politici tra madrepatria e colonie sudamericane
2.
la
presenza di migliaia di schiavi negri a Lisbona.
I balli
rappresentavano il momento culminante di tutte le feste private
e pubbliche: sia laiche che religiose. Enormi carri allegorici e
gruppi di ballerini dei quattro continenti accompagnavano con la
stessa carica esplosiva di vita sia le processioni organizzate
dalla chiesa che le manifestazioni a favore del monarca Giuseppe
primo.
Le danze più
famose erano:
fandango, fofa,
lundum.
Queste, a detta
di molti osservatori francesi, inglesi e tedeschi, erano
veramente scandalose: danze del ventre, atteggiamenti
provocatori, giochi erotici a distanza... ravvicinata. La cosa
più strana per i 'turisti'-moralisti era che le Autorità
chiudessero gli occhi di fronte a questi spettacoli indecorosi
mentre il popolo ne traeva il massimo divertimento. |
OTTOCENTO e NOVECENTO |
|
|
Con la civiltà industriale (XIX
secolo) si verificò una profonda trasformazione delle danze, sia
popolari che di corte. L'Ottocento fu il secolo del valzer,
della mazurka e della polka. Fu anche il secolo delle grandi
scuole di ballo, e soprattutto delle sale da ballo, sempre più
belle e sempre più affollate. Il valzer portò una vera e propria
rivoluzione, nelle abitudini, nei costumi, nelle cultura dei
popoli: esso attraversò tutti gli strati sociali e tutte le
nazioni; e, dovunque, conquistò con la stessa forza i ceti più
umili e le classi aristocratiche. Le ultime resistenze attorno
alla contraddanza, che aveva animato le corti del Settecento,
furono spazzate senza grossi conflitti. L'ondata del valzer era
il segno dei tempi: sulle piste s'imponeva la coppia, come
protagonista definitiva del ballo, dell'amore e della vita. Non
mi dilungo sulle innovazioni introdotte dal valzer e dagli altri
balli del XIX secolo, in quanto il tema è ampiamente esposto
alle voci specifiche dei balli stessi. Il continente europeo
rimaneva ancora il centro del pianeta danza.
La rivoluzione francese rinnovò
radicalmente anche il mondo del balletto. Già nel 1792 (2
ottobre) a Parigi si rappresentò Offrande à la Liberté,
la cui coreografia era composta sulla musica della
Marsigliese. Dal punto di vista contenutistico, si
tendeva ad abbandonare i temi mitologici per calarsi nella
realtà, introducendo trame e problematiche intese ad avvicinare
i diversi ceti sociali fra di loro. Il ballo mitologico, non
scompariva completamente, ma presentava agganci significativi a
tematiche sociali ed umane. Ad esso si affiancavano il ballo
storico (con particolare riferimento al mondo dell'impero
romano), il ballo eroico, il ballo tragico. Sul piano formale e
stilistico si sviluppava il concetto di danza come linguaggio
artistico del corpo, capace di raggiungere le somme vette del
dramma e della poesia. I maggiori centri di elaborazione
coreutica furono Parigi, Vienna, Stoccarda. Si portò a
compimento quel processo iniziato negli ultimi decenni del XVIII
secolo, che vedeva il ruolo del maitre de ballets
trasformarsi da ordinatore di danze a coreografo
vero e proprio. Si poneva in termini seri il problema del
rapporto tra le musiche e le danze. C'erano i sostenitori della
ballabilità di qualsiasi musica. C'era invece chi, al fine di
esaltare il ruolo primario della danza come fatto espressivo,
riteneva giusto che fossero composte delle musiche ad hoc per i
singoli balletti. Altri preferivano utilizzare le grandi
composizioni musicali come base per le danze, senza sottilizzare
su problemi di compatibilità. Le nuove tendenze e l'insieme
delle problematiche connesse erano i chiari elementi della
caratterizzazione romantica della danza ottocentesca.
Il balletto dell'età romantica
predilige la passione amorosa che spesso è causa di dolori e
sofferenze. Giovanni Calendoli sottolinea che un altro aspetto
tipico del balletto romantico è "quello costituito dalle
misteriose corrispondenze, non controllabili razionalmente, che
si stabiliscono tra l'esistenza terrena e un aldilà popolato di
anime inquiete, di dèmoni, di fantasmi, di esseri
immateriali". (Calendoli
Giovanni,
Storia universale della danza,
Milano, Mondadori, 1985).
Calendoli ci spiega perchè nell'Ottocento le ballerine rubano la
scena ai ballerini. "La danza, nella quale questi temi
romantici trovano il modo di esprimersi più intensamente, è la
danza alla quale si abbandonano appunto le creature che,
bruciate dalla passione, non hanno più peso e attraversano come
rapide falene gli spazi aerei, avvolte da veli evanescenti.
Sulla scena creature siffatte non possono che danzare sulle
punte. La danza sulle punte è propria dell'età romantica e
riguarda specificamente la ballerina, che acquista una
supremazia sul ballerino". "... la creatura femminile appare più
adatta a impersonare la visione della vita romantica o, meglio,
quegli aspetti di essa che la danza predilige". (Calendoli
Giovanni, op. cit.).
La
danza sulle punte dà una sensazione di leggerezza ai movimenti:
una sensazione di sofferta e poetica elevazione verso l'alto,
che non ha nulla a che vedere con il salto o con quell'accenno
al volo usato nel rinascimento e nell'età barocca.
IL XX SECOLO
Del XX secolo, che è quello nel
quale siamo nati e cresciuti, preferisco parlare al presente,
anzichè al passato.
Esplodono i ritmi afro_cubani e
i balli ispano_latino_americani. Il baricentro si sposta nel
continente americano (sud e nord). Nasce il Tango, che si
abbatte sulle piste europee con la forza di un ciclone, capace
di spazzare via tutto quanto esisteva in precedenza. Gli USA
sfornano il ragtime, e il genere jazz. Vengono fuori decine di
danze, una più affascinante dell'altra: dal fox trot al
charleston, dal boogie woogie al rock 'n' roll, dalla rumba al
cha cha, dal paso doble al samba, dal mambo al genere caraibico,
alla disco dance. I nuovi balli non conoscono differenze di
classi sociali. La voglia di divertirsi accomuna le nuove
generazioni, nella omogeneità dei gusti estetici e delle mode.
Perfino nella rigorosa danza teatrale si afferma l'esigenza di
nuovi moduli espressivi, ispirati alla libertà di
interpretazione e di performance.
Si consolida, in questo secolo,
la cultura delle competizioni: sia sul piano della elaborazione
delle teorie e delle tecniche, sia come confronto atletico sulle
piste. Il ballo diventa hobby, divertimento, passione, impegno,
business. E diventa sempre più diffusamente attività
artistico_sportiva. Ne consegue la necessità della
standardizzazione delle danze. Cosa che avviene gradualmente, e
non sempre pacificamente. Si assiste alla contrapposizione tra
la scuola francese ed il superiore stile inglese, che poi
diventa internazionale. Si perfeziona il processo di
classificazione dei balli in discipline omogenee. Anche se
l'Europa ha perso la sua centralità di fucina del ballo, resta
il fatto che Inghilterra, Francia, Germania ed Italia continuano
a svolgere un ruolo determinante nella difficile opera di
regolamentazione, revisione, adattamento delle principali danze.
Si creano i primi Organismi sovranazionali, preposti a gestire
le problematiche della danza; si perfezionano i regolamenti e
gli statuti, nascono le moderne Associazioni dei Maestri di
Ballo, si arriva alla costituzione delle Federazioni Nazionali
di Danza Sportiva e alla loro confluenza nella IDSF
(International Dance Sport Federation).
Ricordiamo che stiamo parlando
di balli. |
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