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Poesie di Luigi Demme

 

Paese

 

Il passato che stenta a morire,

attaccato al presente che incalza,

massiccio scomposto attaccato a catena:

questo è il paese mio, questo è Scandale.

 

D’intorno uliveti a terrazza,

bucolico collare verdeggiante,

inzuppate da chiazze vermiglie:

è il sudore di braccia mai stanche.

 

A sera, fumar di comignoli,

sparge aromatiche scie nel suo cielo.

Sforbiciano i crocchi per le vie:

triste satira del suo giorno che muore.

 

A POESIA DA TERRA

 

Bonasira papà, bona vinutu,

assettati assa bbanca, apparicchiata,

stenda nu pocu u visu aru surrisu,

doppu a fatiga i s’amara iurnata.

 

Stasira papà fammi cuntiantu,

a verità tu sulu ma po diri:

a poesia i sa terra tantu ngrata,

sulu subba li libri aiu liiri ?

 

A sira nu ti siantu mai cantari,

i  jistimi nda fa na litania,

a fortuna ti siantu cuntrariari

e  nu  mi  tiani  mai  mbrazza a tia.

 

Eppure, sicundu i libri, si cuntiantu :

mmianzu a ru virdi passi la jurnata,

suanni bona ricota di frumiantu

e l’aciaddri ti fannu a sirinata.

 

Stenda papà na manu tremulanti,

ma posa  subba capu timurusu,

sta ancora nu pocu titubanti,

ma po mi dicia cu tuanu amoruso:

 

Figghio quant’è difficili parrari

quandu  rumba intri i ricchi lu tratturi,

quandu frisca ntra capu a tramuntana,

quandu pisanu ncuarpu li suduri.

 

A verità però ti l’haiu diri:

a poesia da terra è na bugia,

è passatiampu pi ri littirati,

pi chini campa ancora i fantasia.

 

 

MADRE

 

 

Un volto scavato di pietra,

un corpo cadente e provato,

seduta accanto al fuoco

aspetti ancora me

Mamma.

 

Un cane abbaia nella notte:

è lui, che torna, che torna.

No è un altro, un altro,

uno che l’ha visto, che ti risponde : no

Mamma.

 

E tu allora lavori di fantasia:

ricuci collane di perle,

costruisci castelli scomparsi,

sogni te, umile regina,

Mamma.

 

Il sonno ti coglie ormai stanca;

sogni le lande deserte di Russia.

Raccogli le membra sconnesse,

del tuo gigante buono,

Mamma !

 

Vinta, ti abbandoni al sonno.

Ritorno, ti sveglio con garbo:

ti chiedo il perchè dell’attesa

e tu, ormai paga, sorridi;

Mamma.

 

 

GIOVANE

 

Monotono, assilla le tue orecchie,

il canto del campesinos tradito;

riluce amara, nei tuoi occhi

la solitudine dell’ebreo errante  . . . .

giovane.

 

Membra scarne, provate

bisturi protesi alla ricerca!

Fatica inutile la fatica:

la rivolta è illusione, è morte!

giovane.

 

Tuo è il mondo di oggi,

ancora tua la realtà di domani . . . .

Il ieri è nulla è tradimento,

è incapacità di rivolta . . . . .

giovane.

 

Alcool, droga, violenza:

triade mortale, realtà scottante:

bandiera scagliata in faccia

al perbenismo imperante,

giovane.

 

Corsa forsennata la tua; ti fermi!

E’ sfiducia ? No è rassegnazione !

Lo smalto diventa ruggine . . . . .

La routine continua,

giovane.

 

Le grida hanno finito per stancarti,

lo smog ha arrochito la tua voce,

e tu, tu pallido fiore

reclini lo stelo all’ineluttabile,

giovane.

 

 

 

LEGGERA  VOLTEGGI NELL’ARIA

 

 

Leggera volteggi nell’aria,

sospinta da brezza gentile;

profumi di nuovo, di fresco

tu tenero fiore d’aprile.

 

Ti apri, corolla allettante,

su scialbo  e monotono prato,

esponi, indifesa tua vita

all’orrido ch’è in agguato.

 

Ed ecco, improvvisa, t’assale,

tempesta di grandine e gelo,

richiudi delusa, i tuoi petali ,

colpita, reclini il tuo stelo.

 

Benefica linfa vitale,

il sole ritorna a scaldarti;

tu timida, occhieggi alla vita:

sei fiore non puoi non svegliarti.

 

 

LUI  . . .   LEI  . . .   L’AMORE

 

LUI :  Amore è  cos’è l’amore ?

LEI :  Non lo so, non lo so.

LUI :  E’ forse presto per dirlo ?

LEI :  Si, e presto, amore mio.

 

LUI :  Tu mi chiami amore :

allora, amore è immediatezza.

LEI :   No caro, non è tutto questo,

è difficile dirlo.

 

LUI :  Amore è  . . . . .  unione ?

LEI :   No, no caro è troppo scialbo.

LUI :   E’ capirsi comunicare ?

LEI :   No sa troppo di Freud.

 

LUI :   Allora è vigliaccheria,

no anzi è morte !

LEI :   Non lo so, non lo so,

forse è tutto questo, forse.

 

LUI :   Amore, amore mio,

è  tutte ma nessuna di queste cose .

LEI :    E’ sentirsi di tutti, ma donna .

LUI :    E’ sentirsi vigliacco ma uomo.

 

LUI :   Amore è incantesimo,

e orrore di se stessi.

LEI :   No, caro, amore è paura,

paura di non aver capito.

 

LUI :  Amore è   . . . . .  tu sei l’amore !

LEI :  No, no, noi siamo l’amore.

 

 

 

NINNA  NANNA

 

 

Dormi bimbo, non sentire,

quel che dico non puoi capire;

triste assai è la mia canzone,

la tua innocenza la condanna

ninna, nanna.

 

 

IO DI NOTTE

 

Amiche ombre, venite;

silenzi arcani, incombete:

frugate i resti di un giorno

che tormentano ancora !

 

Com’è dolce quest’attesa

che da tempo si rinnova !

Com’è calda la coltre pietrosa

che avvolge le mia membra !

 

Vola, ora, mente mia,

librati leggera nell’immenso !

Cavalca comete scintillanti,

accarezza visioni proibite !

 

Ora so cos’è l’infinito:

non certo strade senza fine,

né luminosi orizzonti.

E’ immense distese d’azzurro.

 

Ora musica dolce è il vento,

raso sfumato la luce.

Leggero come piuma il mio andare,

ormai pago, plana nel nulla.

 

 

 

 

LEI  NON  C’E’  PIU’

 

Cin . . .  cin . . .

Ciao brandy amico mio !

Ma che fai !  Cadi ?

No, no sono le mie mani che tremano:

Lei non c’è più !

 

Guardo e non vedo

intorno a me : nulla e nessuno.

Quadri di vita vissuta

affollano la mia mente.

Lei non c’è più !

 

Arrivederci   frettolosi

incontri  palpitanti e furtivi.

Gote arrossate, occhi luccicanti ,

discorsi, o mozziconi di frasi .

Lei non c’è più !

 

Dappertutto libri e quaderni :

lei cavalca spavalda coi garibaldini di Anita ,

mi corre incontro nelle intricate foreste africane,

si copre di numeri e forme sempre più strane.

Lei non c’è più !

 

Le mie  lagrime scendono inutili !

Ah, ci sei tu, amico mio !

Come pulsano ora le mie vene !

Si, ancora un altro, ancora, fino alla fine .

Lei non c’è più  !

 

 

 

PIETA’

 

Pietà : semplici lagrime versate

sull’immagine del Cristo sanguinante.

Pietà : lamentevole invocazione

negli spirituals della gente di colore.

 

Pietà : scheletrico corpo

del fratello giallo adagiato sulla sponda del Gange.

Pietà : anonimo pianto

sulla vittima del falso progresso.

 

Pietà : coraggiosa rinuncia all’Io

per ritrovarsi umilmente negli altri.

Pietà : paura di ammorbare

fresca e limpida acqua di fonte.

 

Pietà : orecchie sensibili

al pianto di madre natura.

 

 

 

ADDIO

 

Addio, pareti amiche,

muto scenario delle fatiche d’ogni giorno,

paziente supporto dei quadri più vari,

discrete custodi di gioie e di pene,

Addio.

 

Addio, vecchi muri,

allor freddi, ora meno,

fucina di menti vogliose

di scoprire la gioia del sapere,

Addio.

 

Addio, amata scuola,

pulsante di vita ogni volta più nuova,

detentrice gelosa di brandelli del mio cuore

sparsi in ogni tuo angolo,

Addio.

 

Addio, cari registri,

testimoni delle mie annotazioni,

fedeli compagni di sempre

segreti custoditi del diario di una vita,

Addio.

 

Addio, colleghi maestri,

amici, fratelli, compagni di sempre,

nobili continuatori di quella missione

per la quale ho speso la mia vita,

Addio.

 

Addio, alunni di oggi e di ieri,

mia unica, grande famiglia,

segreto conforto alle mie fatiche,

sprone costante al lavoro giornaliero,

Addio.

 

Addio, addio, addio a tutto.

Ricordi seguitemi: è l’ora.

In voi tufferò la mia mente per ritrovarmi,

con voi consolerò i miei giorni.

Addio.

 

 

IO       e     Dio

 

Io ?

 

Nel Tutto !

 

Dio ?

 

L’universo

 

 

 

 

 

SPERANZA

 

 

Una bimba guarda,

coi suoi occhi turchini ,

la Madonnina della accoglienza

sulla sommità d’una colonna.

 

Guarda e sogna :

vede quelle braccia scarne

ingrandirsi e protendersi:

la tirano su in alto.

 

Ecco ora ,leggera come piuma ,

la bimba guarda estasiata

l’umanità che , correndo impazzita ,

ha dimenticato la sua solitudine.

 

Non ha timore di cadere ;

accanto a sé , voci cristalline

la invitano al gioco:

ed ella gioca e sorride.

 

Una mano prodiga

la sveglia dolcemente;

ella , come automa,

vede diventar materia le lunghe braccia.

 

Le ali di un grande stabile

ora l’accolgono nel loro amplesso.

Continua a sorridere

e non sà se è ancor sogno o realtà.

 

Ecco: ora le mamme sono tante !

Quanta fiducia in loro!

Non hanno esse il sorriso della Madonna

nei loro occhi c’è più durezza.

 

La bimba non sà , non può ricordare:

bruciano ancora le gambe colpite

dalle stoppie arse ed aguzze ;

sanguinano ancora le mani offese dal

rifiuto!

 

La bimba si volge ancora a guardare

quelle protese al mondo per lei;

il crepuscolo arrossa ormai

le ubertose campagne circostanti;

non la impauriscono più gli spettri

d’una notte d’incubo che s’appresta !

lassù , in alto , Ella veglia:

Il suo sorriso le grida :

Spera.

 

 

 

CENNI BIOGRAFICI

 

Luigi DEMME   ( Scandale   27/12/37  -   Scandale 11/06/77 )

 

nasce a Scandale nel 1937, ultimo di dieci figli

 

ha il privilegio in una famiglia contadina di studiare.

 

Diplomatosi come maestro elementare insegna per alcuni

 

anni  in Germania nei corsi per i figli degli emigrati.

 

Ritornato in Italia, svolge l’attività di Insegnante elementare

 

nel suo paese, dove all’insegnamento accompagna diversi

 

interessi  sia per attività ricreative che sociali.

 

Nei suoi ultimi anni di vita si diletta a scrivere poesie e

 

una piccola commedia.

 

 

LUIGI     DEMME

 

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