Cappella del Crocifisso già di San Giovanni Battista
La cappella già di San Giovanni Battista é ora dedicata al Santissimo Crocifisso, in ricordo della sua destinazione storica. Nel 1930 vi furono esposte tre tele (del 1623) di Daniele Crespi (1600 c.-1630) raffiguranti episodi della vita del Battista, cedute alla basilica dal cardinale Schuster e provenienti dalla demolita chiesa milanese di San Protaso ad Monachos: l'Angelo che guida San Giovanni bambino, la Predicazione e San Giovanni che indica il Cristo a tre discepoli, che, con richiami ai Procaccini o a Rubens e in contrapposizione col Cerano e col Morazzone, denotano una fase di transizione dal manierismo al barocco e l'innesto sulla tradizione lombarda delle novità sontuose ed opulente che il Crespi aveva trovato a Genova. Nel 1971 furono collocate nella cappella anche altre opere di Daniele Crespi: la figura altamente drammatica del Cristo morto, proveniente dalla attuale cappella del Crocifisso, una assoluta novità per l'epoca (sempre il 1623), molte volte replicata, e gli affreschi strappati, ancora provenienti da San Protaso, di San Bartolomeo (a sinistra) e di San Giacomo (a destra). Attualmente le opere appaiono disperse nello sfavillio dei marmi impiegati per le cornici, ma la loro disposizione, poco convincente, ricalca quella originaria nella chiesa da cui provengono.
Datata 1611 e firmata Anton[ius] M[aria] [Crespi] Castoldi è una tela raffigurante la Consacrazione episcopale di San Benedetto [Crespi], recuperata dai solai di San Gregorio solamente nel 1930 ed ora nella casa prepositurale; nel quadro, alcuni prelati (tali li fanno ritenere le mitre) sono radunati davanti ad un altare, sul quale campeggia una Madonna con bambino, per la consacrazione episcopale di Benedetto, che la famiglia bustocca dei Crespi riteneva suo antenato. Questa è l'unica opera che resta nella nostra città di Antonio Maria Crespi Castoldi, 'pittore comasco' come lo chiama Paolo Giovio, ma oriundo di Busto Arsizio ed a Busto Arsizio morto durante la peste del 1630.
Ancora ad un Crespi Castoldi va forse attribuito il San Carlo in meditazione del crocifisso, anche questo conservato nella casa prepositurale. Tradizionalmente attribuito a Biagio Belletti, è invece con ogni probabilità da retrodatare il quadro della Vergine che guarda gli strumenti della Passione, per il quale è stata avanzata l'ipotesi di una paternità da parte di un parente maggiore del canonico Biagio, Francesco Bellotti-Gelli. Di difficile attribuzione, oltre che di non semplice datazione (uno scritto del tardo Settecento li definisce genericamente di molto precedenti la metà del XVII secolo), sono i due affreschi della Natività e del Riposo durante la fuga in Egitto (in cui viene rappresentata anche la beata Giuliana), nel braccio sinistro del transetto, forse opera entrambi di Antonio Crespi Castoldi, figlio di Antonio Maria, il quale soggiornò spesso a Busto.
Immediatamente prima dei restauri appena ultimati, sono stati collocati sotto le arcate che delimitano la navata principale otto quadroni del tardo Seicento raffiguranti Storie della vita di San Giovanni Battista, con ogni probabilità già in origine destinati ad essere esposti nel medesimo luogo o, più verosimilmente, appesi alle pareti delle navate laterali, al posto delle attuali stazioni della via Crucis.
Gli episodi della vita del Battista rappresentati nei quadroni sono, in ordine di narrazione: Apparizione dell'angelo a Zaccaria, Natività del Battista, II Battista fanciullo tra gli angeli, Morte di Elisabetta. Predicazione del Battista, Gesù con i discepoli del Battista, dall'impaginazione particolarmente mossa e libera, attribuito al milanese Carlo Preda (1645-1729), Decollazione del Battista, ed una sensuale
Erodiade che trafigge la lingua del Battista, dai colori soffici e sfumati, una tra le migliori opere dello stesso Preda.