Il Coro

Fin dal 1751 si ha testimonianza della volontà del canonico Biagio Belletti di dipingere il coro della sua basilica, metà gratuitamente e metà dietro compenso. Di fatto la realizzazione degli affreschi dell'abside e del presbiterio dura almeno otto anni, dal 1757 al 1765. Quando si accinse a queste decorazioni, il Bellotti aveva già offerto prove pienamente convincenti della sua valentia, se a lui risultano fatte concessioni non trascurabili, quali la chiusura di due finestre, che avrebbero altrimenti interrotto la scena raffigurata, la rimozione di due lesene richiniane che scandivano l'abside, l'interruzione del cornicione al centro per far posto alla cimasa (opera, con ogni probabilità, di Antonio Agrati, cui sono da attribuirsi tutte le quadrature, cioè gli elementi architettonici dipinti che incorniciano le scene del ciclo bellottiano).

Il Bellotti dipinse per primi gli affreschi dell'abside, simmetrici nella composizione, ma asimmetrici nel contenuto: la scena principale, quella del Battesimo di Cristo, è contenuta nel campò di destra; in quello centrale, tra rade figure angeliche di contorno, appare la colomba, simbolo dello Spirito Santo; anche il campo di sinistra, affollato di discepoli e astanti, rimanda direttamente al fulcro scenico del battesimo. Nel catino absidale e sulla volta dell'altare maggiore una cortina di seta sollevata da un vivacissimo angelo dischiude alla vista una grandiosa raffigurazione del Paradiso e  della Gloria di San Sabino, dove una popolazione di angeli e santi si libra turbinando in una luminosa atmosfera in contemplazione dell'Eterno. Il ciclo, definito "il più compiuto esempio dell'arte settecentesca fiorito nell'Alto Milanese", si coordina e si integra in maniera straordinaria con gli altri interventi del Bellotti nel presbiterio e nell'abside: gli stalli del coro e l'altare maggiore, dove, sulla portella del tabernacolo posteriore, si trova un altro suo minuscolo prezioso dipinto a seppia su fondo oro, l'Angelo che risveglia Elia.