Le decorazioni

Negli ultimi anni del secolo scorso, la fabbriceria di San Giovanni pensò di restaurare e completare la chiesa, soprattutto là dove la decorazione nei secoli precedenti non era stata portata a termine. Con la morte del prevosto Tettamanti nel 1901, i progetti vennero solo momentaneamente accantonati; due anni più tardi, infatti, in occasione di un incendio che distrusse la copertura di rame ed i supporti di legno della cupola, la cittadinanza indisse una sottoscrizione con cui vennero pagati gli artisti segnalatisi in un precedente concorso, Carlo Grossi (di Carpi, 1857-1931), incaricato della parte figurativa, Giuseppe Caremi e Pirro Bottaro, ai quali venne affidata invece l'ornamentazione.

I primi affreschi eseguiti dal Grossi furono  la Glorificazione del Battista, alla sommità della cupola ed i quattro Evangelisti, nei pennacchi; successivamente, dipinse, entro medaglioni sulle volte del transetto, l'Assunzione alla gloria della beata Giuliana (nel braccio destro) e del beato Bernardino da Busto (in quello sinistro); nella botte della navata principale, in un grande medaglione centrale, eseguì la scena che esalta l'Eucaristia, l'Immacolata concezione e il Papato; gli altri scomparti della crociera a vennero decorati con voli di Angeli tra fiori e nuvole, in medaglioni più piccoli. E' del 1909 la presentazione dei bozzetti relativi ai quattro profeti Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia, successivamente eseguiti sui fianchi del transetto minore. Tutti gli affreschi sono caratterizzati, anche su temi di grande peso teologico, da stanche ripetizioni di motivi e da ammiccamenti civettuoli e svolazzanti privi di fantasia, così come richiedeva la borghesia provinciale committente, per di più con tonalità di colore che nulla hanno a che fare con le atmosfere che il Bellotti e l'Agrati avevano proposto centocinquant'anni prima, e incorniciati in finzioni pittoriche irrimediabilmente contrastanti con la limpida architettura del Richino. Il Grossi fu anche autore della ripulitura degli affreschi del Bellotti, terminata nel 1911 e severamente criticata dall'allora soprintendente Modigliani perché, "le pitture del Bellotti... sono riapparse nel loro aspetto sgradevole e disarmonico, che se è in parte da attribuire allo stesso autore che è artista dalla tavolozza piuttosto agra, è in grandissima parte da imputare ai biasimevoli e troppo profondi ripulimenti di cui le pitture furono vittime".